Pechino, che grattacapo. Mentre Obama sillude di convincere il suo omologo Hu Jintao a collaborare a nuove sanzioni contro Teheran, ecco piovere unaltra «tegola» gialla. A scodellargliela fresca, fresca sul tavolo dello Studio Ovale, ci pensano lAiea (Agenzia Internazionale dellEnergia Atomica) e lintelligence statunitense. La storia è di quelle capaci di aprire una nuova crisi e compromettere latteso vertice con il presidente cinese atteso alla Casa Bianca a metà aprile per discutere proprio il delicato dossier iraniano. Stando a nuove indagini dellAiea e dellintelligence americana uno dei principali canali per il rifornimento illegale dei laboratori nucleari iraniani passa da Shanghai. Dai depositi di una società dimport-export basata nella metropoli cinese sono transitate valvole ed altre forniture ad alta tecnologia utilizzate nelle centrifughe nucleari impiegate per larricchimento delluranio. Le valvole prodotte da unazienda francese sarebbero state acquistate attraverso una fitta rete di falsi acquirenti per esser poi trasferite a Teheran grazie ai buoni auspici di un certo Vikas Kumar Taiwar, rappresentante della ditta dimport export cinese Zheijiang Ouhai Trade Corporation.
La notizia - capace di compromettere le già non facili relazioni tra Washington e Pechino - contribuisce paradossalmente a rasserenare Teheran. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, costretto nei giorni scorsi a spedire a Pechino il negoziatore nucleare Saed Jalili per convincere i cinesi ad opporsi alle nuove sanzioni, ha già ripreso a sparare a zero contro la Casa Bianca. A dar retta ad Ahmadinejad dietro le «belle parole» di Barack Obama e ai suoi inviti al dialogo si nascondono le stesse politiche arroganti e aggressive nei confronti del suo Paese. Politiche che a dar retta ad Ahmadinejad contribuiranno solamente a rafforzare la determinazione del suo popolo: «Non illudetevi di poter bloccare il nostro progresso, più dimostrerete la vostra animosità più rafforzerete ha detto ieri Ahmadinejad la nostra voglia di progresso e sviluppo».
Secondo il quotidiano Wall Street Journal il traffico di valvole francesi ad alta tecnologia è saltato fuori grazie ad una serie di messaggi anonimi di posta elettronica indirizzati agli uffici dellAgenzia per lEnergia Atomica. Nei messaggi spediti a gennaio si fa il nome del misterioso intermediario e dellimport export cinese coinvolta nel contrabbando nucleare. Il grande mistero è come lintrovabile Vikas Kumar Taiwar abbia messo le mani sul materiale prodotto dalla «Kd Valves-Descote», una ditta francese legata alla multinazionale americana Tyco e specializzata nella fabbricazione di materiale per lindustria chimica e nucleare. «Non vendiamo nulla alla Cina, anche se vorremmo proprio poterlo fare» ricorda il presidente della Kd Valves Jean Pierre Richer, alludendo ai severi controlli che impediscono la vendita di materiale strategico a Paesi come la Cina. E anche la casa madre, la multinazionale americana Tyco, fa sapere di non avere trovato sui propri registri i nominativi del signor Taiwar e della ditta Zheijiang. Eppure unindagine dellAiea e dellintelligence occidentale conferma che un certo numero di quei componenti è arrivato nei depositi della Javedan Mehr Tools, una società di comodo iraniana, già utilizzata in passato per acquistare materiale e tecnologia sensibile per conto dellOrganizzazione per lenergia Atomica di Teheran e della «Kalaye Electric Company», unazienda della Repubblica islamica coinvolta nella ricerca e nello sviluppo delle centrifughe nucleari. La complessa operazione di triangolazione e contrabbando ed il ruolo giocato dai vari protagonisti vengono confermati al «Wall Street Journal» anche da fonti investigative americane.
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