RomaSi inaugura un anno giudiziario difficile, nellAula Magna della Cassazione. Il carico di tensioni tra politica e magistratura è tangibile tra gli ermellini, i membri di governo e parlamento, i vertici di Csm, Consulta e Anm, seduti nelle prime file.
Al posto donore cè il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Manca Silvio Berlusconi, mentre Gianfranco Fini, scuro in volto, è accanto al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Gli rivolge appena il saluto, ma si rivolge più cordialmente a Michele Vietti, vicepresidente di Palazzo de Marescialli, che gli sta allaltro lato.
Il quadro di unItalia in cui aumenta il «senso di insicurezza» anche per una giustizia lenta e travagliata lo traccia il primo presidente della Suprema Corte. Ernesto Lupo, nella sua relazione, parla della «fase particolarmente delicata e critica della vita del nostro Paese», in cui prevalgono frammentazioni e interessi settoriali. «Le perduranti polemiche - avverte - e le contrapposizioni su altre questioni sottraggono attenzione, tempo ed energia alla soluzione della crisi di efficienza». Lupo indica le linee guida: «La volontà di non indugiare in ripetitive lamentazioni o sterili denunce; lintento di superare lesasperazione polemica delle tensioni o la radicalizzazione di unilaterali concezioni, con limpegno di responsabilità per la ricerca di soluzioni possibili e condivise, nel rigoroso rispetto dei principi, dei limiti e dei vincoli posti dalla Costituzione».
Sono cupe le tinte anche dellintervento del procuratore generale della Cassazione, Esposito Vitaliano. Senza mezzi termini critica la situazione «quasi fallimentare della giustizia e dei suoi tempi», che si sta trasformando in «insolvenza per lo Stato». Ed Esposito, che con Lupo è nel vertice del Csm, si rivolge ai magistrati, chiedendo «maggior equilibrio e prudenza», ma soprattutto ricordando il dovere del «massimo riserbo», al quale «non sempre si attengono, senza rendersi probabilmente conto che una notizia o un giudizio da loro riferita o espressa, data la funzione svolta, assumono una rilevanza del tutto diversa da quelli provenienti dalla generalità dei cittadini». Il Pg, titolare con il Guardasigilli dellazione disciplinare, invoca il «rigore morale» e sottolinea che le toghe non possono «usare la stampa, anche una volta provocati». E ricorda una decisione della Corte europea per i diritti delluomo, che raccomanda «la discrezione massima per quanto riguarda i casi quali si occupano, per conservare la loro immagine come giudici imparziali».
Parla di riforme del processo, Esposito, anche di quelle «a costo zero». E questo è il tema centrale affrontato da Alfano. Per il ministro il cammino delle riforme è stato ostacolato da «incapacità di fare squadra e resistenze corporative». Ma il governo vuole percorrerlo «fino in fondo» e conta di completare la legislatura. Questo, nonostante «il pessimismo degli scettici per professione, ma sapendo di poter contare sul sostegno ragionevole e vigoroso, di tutti coloro, e sono la gran parte, che credono che cambiare si debba e cambiare si possa». Alfano loda poi la maggioranza dei giudici, per «impegno disinteressato, riserbo, equilibrio, senso di umanità e saggezza delle loro decisioni».
Ci sono giudici, gli fa eco Vietti nel suo intervento, che lavorano con «amore», ma ci sono anche «comportamenti omissivi e scorretti, che vanno riconosciuti e severamente censurati». Subito dopo, però, aggiunge che alle toghe «si deve rispetto, un rispetto talora troppo trascurato». Il vicepresidente del Csm entra nelle polemiche che riguardano il premier, assicurando che «lattività della magistratura non sottende disegni sovversivi».
Insomma, tanti inviti alla moderazione. Ma fuori dallaula il presidente dellAnm, Luca Palamara, ripete che «la magistratura è sotto attacco» e cè un «clima preoccupante». Poi avverte: «Nessuna intimidazione ci fermerà».
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