Alain Elkann: "Per passione, non per soldi, cambierò il volto di Milano"

Il neo consigliere del sindaco: "Bisogna far conoscere la città anche occupandosi delle piccole cose, un lavoro molto umile"

Alain Elkann 60 anni, giornalista, scrittore, uomo di mondo e della bella società, legione d’onore nel 2009, da qualche giorno consulente del sindaco Moratti. Non è ancora stato presentato ufficialmente allo staff di Palazzo Marino e alla stampa, ma si è detto che si occuperà dell’immagine di Milano e della comunicazione. Che incarichi le ha affidato il sindaco?
«I consiglieri non hanno mai un ruolo esecutivo. Io non sono assessore o direttore di settore, ma un consigliere. Credo che Letizia Moratti mi abbia chiamato perché ho accumulato esperienze molto diverse come consigliere del ministro Urbani e del ministro Bondi ora, come presidente del Museo egizio di Torino, ho visitato diverse città del mondo, ho assistito alla metamorfosi di Torino in occasione delle Olimpiadi invernali, passata da polo industriale a città d’arte e di cultura».
Il sindaco le ha detto perché l’ha chiamata?
«Il sindaco vuole valorizzare ciò che è stato fatto in questi anni nei vari campi. Vede, la città è come un’arancia, composta da vari spicchi. Sport, arredo, verde, cultura, una composizione molto affascinante che ha anche una natura unitaria. Milano ha un suo centro e periferie, i quartieri hanno una propria prerogativa».
Si spieghi meglio...
«Il sindaco vuole unire centro e periferie tracciando un filo rosso».
Cosa bolle in pentola?
«Molti progetti, man mano che li metteremo in pratica, parleranno da soli, consolidando il lavoro già svolto».
Si dice che lei sia stato chiamato per la campagna elettorale
«Non abbiamo parlato di questo».
Qual è il vostro obiettivo?
«Far conoscere meglio Milano e le sue eccellenze».
Forse gli assessori non hanno comunicato in modo abbastanza incisivo quanto fatto?
«Ognuno di loro comunica a modo suo».
Eppure Letizia Moratti aveva creato un ufficio stampa centralizzato per far sì che la comunicazione istituzionale fosse omogenea.
«Non mi ha parlato di questo problema. Mi ha chiamato per la mia esperienza nei musei, per le mie conoscenze».
L’ex assessore alla cultura Sgarbi criticava spesso il Comune perché incapace di comunicare.
«Io non amo le cose negative, brutali, ma ci sono degli aspetti che si possono migliorare, per prima cosa gli aeroporti: arrivando a Linate si incontrano solo cartelloni pubblicitari, ecco bisogna migliorare la percezione dell’aeroporto che è il primo biglietto da visita».
Possiamo dire che il suo compito è rifare il biglietto da visita della città?
«C’è bisogno di mettere a sistema i musei, di dare una linea all’arredo urbano, di disegnare appunto un filo rosso. Credo che sia un lavoro molto umile, bisogna occuparsi delle piccole e delle grandi cose. La Moratti mi ha chiamato per aggiungere competenze alla squadra, non mi ha chiesto di occuparmi della cultura, ma per rinfrescare l’immagine di Milano nel mondo. C’è una tale concorrenza a livello globale che c’è bisogno di riportare l’attenzione su Milano, la seconda città italiana».
Come?
«Lavorando sulle radici e sull’identità di Milano, solo così si può aprire al mondo. Ma è anche una questione di orgoglio: Milano non deve calare le braghe davanti ai giornalisti stranieri».


L’opposizione in consiglio comunale ha chiesto di sapere “quanto spende la collettività per imbellettare l’immagine del sindaco”»
Non sta a me dire la cifra, ma uno non fa questo lavoro per guadagnare dei soldi, lo fa per sè e per passione se no uno lavorerebbe in banca».

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