Albarello ct oro e veleni «Qui comanda l’invidia»

«Nel fondo si litiga un po’ troppo, ma se serve a vincere le medaglie...»

Maria Rosa Quario

da Torino

Marco Albarello, il ct più criticato e più vincente dell’Olimpiade italiana. Come possono conciliarsi polemiche e medaglie?
«Da sempre l’ambiente del fondo è un po’ litigioso, ma ben vengano le liti se portano anche le medaglie! In questi giorni a darmi addosso è stata soprattutto la vecchia guardia, la Paruzzi mi ha attaccato a livello personale e se ho sbagliato le chiedo scusa, non mi sono accorto di averla ferita. Stimo Gabriella da tempo e per lei ho fatto di tutto e di più, per questo sono molto dispiaciuto delle sue critiche, ma ognuno ha diritto di esprimere quello che vuole. Non sono deluso da lei, ma da quelli che le mettono in bocca cose che lei non pensa. Quanto a Bubu Valbusa, entra in gioco l’antica rivalità, l’invidia a volte fa brutti scherzi».
Ma perché lei è sempre al centro delle liti?
«Come ho detto, l’invidia è una brutta bestia, non per niente dietro a queste polemiche c’è la lingua lunga di Sandro Vanoi, il mio predecessore, bravissimo a lavorare nell’ombra, a mettere in bocca le sue idee ad atleti ed ex atleti, oltre che ai giornalisti compiacenti».
Se ha altri sassolini da togliersi dalle scarpe, prego, è il suo momento.
«Vanoi a Pragelato era il Competition Manager: lo stadio faceva pietà, le riunioni dei capi squadra erano a livello di gare della mutua. Questa è la vera qualità di Vanoi, bravissimo a far lavorare gli altri, eccezionale a prendersi meriti non suoi. Giorgio Di Centa? Per lui era un brocco».
La cosa che le ha dato più fastidio?
«Dopo il bronzo della staffetta donne ho provato amarezza per la reazione delle ragazze nei miei confronti, quando ho salutato Arianna e Antonella ero davvero felice per loro, a Sabina non ho potuto dire brava perché mi è passata via. Dietro a tutto c’è la divisione delle squadre che io non ho mai voluto, ma anzi sempre osteggiato, per questo avevo anche dato le dimissioni, non accettate. Sono state loro a volere la scissione e a isolarsi, a fine novembre ho persino mandato Giorgio Vanzetta a Kuusamo per ricucire lo strappo, ma è stato deriso».
Il momento più alto della sua Olimpiade?
«Sono due e li accomuno: parlo ovviamente dell’oro in staffetta, meraviglioso gioco di squadra, e dell’oro di Di Centa nella 50 km, altro fantastico gioco di squadra. Giorgio si meritava la gloria dopo aver dovuto ingoiare l’amarezza per il quarto posto nell’inseguimento».
Può dare i voti alle sue squadre?
«Tutti promossi con voti alti, anche se qualcuno dovrebbe parlare di meno e muovere di più le gambe. Di sicuro do un 10 a Zorzi, finalmente recuperato dopo due anni molto difficili. È diventato più riflessivo e meno guascone. Voto altissimo anche a Sepp Chenetti, il tecnico degli uomini, che li ha fatti crescere».
Che consiglio darebbe al suo collega Flavio Roda, ct bastonato dello sci alpino?
«Flavio ha fatto bene il suo lavoro e voglio dirgli che un grande flop è spesso la base su cui costruire un grande successo. Lo so perché l’ho provato sulla mia pelle, prima da atleta e poi da tecnico.

Pensate ai Mondiali di fondo della Val di Fiemme nel 2003: fu un disastro, non prendemmo una medaglia, ma da quella batosta ci siamo rimboccati le maniche. Ma i problemi vanno risolti con tranquillità, le polemiche non sono mai costruttive».

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