"Più che un anticonformista, io sono un conformista contro".
Che differenza c’è professore?
«La differenza sta nel fatto che mi occupo delle cose che stanno a cuore alla gente comune. Come le emozioni, l’amore, le passioni, la moda. Parto dalla vita concreta, non dalle astrazioni. Poi inizia il lavoro di studioso, di analista. Invece... ».
Invece...
«Invece l’ establishment culturale guarda questi argomenti dall’alto in basso. Per gli intellettuali in voga i sentimenti sono argomento da rivista femminile».
Ottantadue anni, uno dei maggiori sociologi viventi, autore di volumi tradotti in oltre venti lingue, da domani Francesco Alberoni firmerà sulla prima pagina del Giornale la nuova rubrica ( si chiamerà «L’articolo del lunedì») che dall’86 è stata appuntamento fisso dei lettori del Corriere della Sera .
L’interruzione del rapporto con Via Solferino ancora non se la spiega: «Dopo 25 anni, da quando mi chiamò Piero Ostellino, ci possono essere tanti motivi per salutarsi da buoni amici. In fondo ero sopravvissuto a ben sette direttori ».
Insomma, professore, lei si ritiene uno studioso controcorrente?
«Sono stato il primo sociologo italiano a occuparsi di consumi e a lavorare per le grandi aziende fin dagli anni ’60 e ne vado fiero. La Bassetti, il Mulino bianco, il mondo della moda da Trussardi a Della Valle».
Ma questo è considerato deplorevole.
«No, è giudicato non importante. Le faccio un esempio.Trent’anni fa la Bassetti mi commissionò una ricerca sulle donne del sud. Volevano conoscere i loro gusti, sapere se gradivano lenzuola e lingerie bianche o colorate. Io con la mia Cinquecento ho fatto un viaggio di 20 giorni nel sud e ho scoperto che, mentre tutti i miei colleghi sostenevano che gli immigrati dal Meridione non sognavano altro che tornare al paesello, le donne del sud non volevano restarci, non volevano sposare un contadino ma uno del nord, un operaio, un impiegato, avere una casa in cui poter dare la cera sui pavimenti, comprare biancheria colorata. E questa scoperta sociologica e stata molto utile alla Bassetti».
L’accusano di essere banale, di dedicarsi ad argomenti frivoli.
«Per molti studiosi e intellettuali italiani gli argomenti seri sono solo la politica e l’economia. Ma quando Gianfranco Fini s’innamora e la sua militanza politica cambia, allora ci si accorge che la passione e l’amore non sono così banali».
Ha appena pubblicato il saggio
Viaggio nell’animo umano per
Rizzoli...
«Sì, la stessa casa editrice del
Corriere della Sera ... ».
Ecco.Che cosa c’è di particolare nell’animo dell’uomo del Terzo milliennio?
«A me interessa ciò che c’è nell’animo dell’uomo di sempre. E in tutti i Paesi. Cioè le grandi costanti. E solo dopo le variazioni».
Per esempio?
«Molti bravissimi sociologi si occupano del nuovo, come Zygmunt Bauman, il teorico della società liquida. Ottimo concetto, ma valido solo per la civiltà occidentale. In questo stesso periodo nella società islamica e in Cina si cementano grandi strutture solidissime ».
Torniamo all’animo umano. Non negherà che, parlando di amore, negli ultimi decenni molte cose sono cambiate...
«È cambiato profondamente il rapporto fra maschi e femmine, il rapporto fra sessualità e procreazione. Però il processo di innamoramento è rimasto lo stesso dai tempi di Paolo e Francesca. Poi, certo, i costumi sono cambiati. Oggi ledonne non temono una gravidanza indesiderata e sono sessualmente più libere.
Attraverso i movimenti femministi, sono cambiati i modi di vivere la verginità, il piacere, la fedeltà, il tradimento».
Lei ha stabilito spesso dei paralleli tra i processi del sentimento e quelli della politica.
«Ho messo in evidenza che nei movimenti collettivi politici e religiosi c’è un’esperienza, che ho chiamato “stato nascente”, che si trova anche nell’innamoramento. Tanto nella coppia quanto nella politica ci sono fasi ardenti e fasi fredde, fasi di rivolta e fasi di controllo, di accelerazione e di freno. Pensiamo ai movimenti del Nordafrica... ».
Lì c’è stato il ruolo giocato dai
social network ...
«Sono degli strumenti, non il motore. Il ’68 scoppiò e si diffuse in contemporanea in tutto l’Occidente. Togliamoci l’illusione che Internet consenta di fare in pochi mesi ciò che necessita di decenni. In Italia abbiamo lo stesso assetto da un ventennio».
Alle ultime elezioni amministrative però il web è stato determinante.
«E lo sarà sempre di più.Ma l’origine è sempre nei movimenti di popolo, non nella tecnica. Anche Berlusconi nel 1993 ha interpretato un sentimento popolare. Lui ha dato il via, ma il movimento lo ha fatto il popolo. Forza Italia è nata con dodicimila club sul territorio ».
Che cosa vede nel futuro dell’Italia?
«Non vedo il fallimento economico. Gli Stati europei non sono più in guerra come decenni fa, ma fra loro non c’è ancora armonia. Poi una moneta senza uno Stato sarà sempre in difficoltà.
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