
C’è un paesino arrampicato su una collina poco distante dal mare che da qualche tempo è diventata una destinazione privilegiata dei buongustai di tutta Italia. Si tratta di Gabicce Monte, tra le Marche e la Romagna, tra il verde del Parco Naturale Monte San Bartolo e il blu dell’Adriatico, e le persone che hanno fatto questa operazione di geolocalizzazione sono Allegra Tirotti Romanoff, Stefano Bizzarri e Davide Di Fabio, i primi due titolari e il terzo chef di Dalla Gioconda, uno dei ristoranti più in hype d’Italia.
Il luogo è magnifico, contemporaneo e nostalgico al contempo. Un locale nato dalle ceneri di un dancing pizzeria degli anni Cinquanta e attorno al quale è cresciuto un albergo diffuso con stanze confortevoli. “Ci siamo innamorati di questo luogo, dei suoi tramonti e dei sentieri che portano dalle colline alle spiagge. Il nostro è un percorso, un cammino che vuole dimostrare l’amore per questa terra” spiegano Allegra e Stefano. Che sono innamorati di quel territorio e vogliono che chiunque si trovi a passare di lì condivida questa passione.

Ma il centro del progetto è il ristorante, caratterizzato da un design languido e sostenibile, studiato personalmente da Allegra e con le pietre rosa del Furlo, il legno, l’ottone, il giallo e l’azzurro degli orizzonti e del mare, i cotti naturali di Brioni, la graniglia. Ma il punto forte è la cucina di Di Fabio, un ex dj (i primi soldini se li è guadagnati così, ma forse non era la sua strada, per fortuna) per anni allievo prediletto di Massimo Bottura all’Osteria Francescana, che ha portato qui la sua tecnica inappuntabile, soprattutto nelle salse, la sua leggerezza, la sua cultura profonda, la sua precisione nelle cotture. E anche la sua idea di sostenibilità che gli ha fatto conquistare, oltre alla stella rossa Michelin, anche quella verde, soprattutto grazie al fatto di essere il primo ristorante dichiarato “plastic free” in Italia, oltre all’utilizzo di materie prime a chilometro zero e alla certificazione Leed Golf per l’edificio.

Io ho mangiato in una sera dolcemente calda, godendomi come aperitivo il tramonto rosseggiante sull’entroterra. L’inizio è già una dichiarazione di intenti: il menu è infatti contenuto nella copertina di un vecchio 33 giri decorato con una foto anni Cinquanta dai colori ritoccati. “Dalla Gioconda Dancing Edizione 3”. Ci sono il menu “New Releases” a 140 euro, il menu antologico “Hit Parade” (110), una carta da spulciare per bene, un Tavolo d’Oro a 160 che è una specie di chef’s table.
Io ho zigzagato tra i vari percorsi e ho apprezzato particolarmente il Crudo di ricciola in salsa di albicocche acerbe, le sorprendenti Albicocche arrosto con timo e ricci di mare (un piatto davvero geniale), l’Animella laccata alla brace con e panna acida e gremolada, la falsa Cacio e pepe, uno spaghettone mantecato con latte di pinoli, colatura di alici, ginepro e pepe (per un romano come me un gioco rischioso ma alla fine riuscito), i Paccheri al sugo??? Dove i tre punti interrogativi servono a spiegare che nel “sugo” non c’è traccia di pomodoro ma invece c’è un ingrediente che viene svelato solo dopo l’assaggio (e io sto al gioco e non vi svelo l’arcano). Alla fine il piatto più confortevole e interessante è la Zuppiera di pasta e pesci dell’Adriatico, che trae ispirazione da un piatto teramane tutto giocato sul numero sette: come le virtù cristiane: sette tipi differenti di pasta, sette legumi, sette tipi di pesce. Il piatto, contravvenendo ai codici dell’alta cucina, è di copiosa porzione e a chi non bastasse viene anche lasciata la zuppiera semipiena per un secondo (p)assaggio. Così dovrebbe essere il fine dining contemporaneo: ricco di impegno e di pensiero, ma giocoso e soddisfacente. Quindi: bingo!
Nel frattempo si è fatto buio, guardo le luci della riviera romagnola brillare
incerte all’orizzonte e sono felice, la serata è stata divertente. Mi portano una cartolina preaffrancata che posso spedire a chi voglio. Saluti dalla Gioconda, saluti da Gabicce Monti, c’è posta dal passato. O dal futuro.