Arte, potere e (tanti) soldi. Chi è Valery Abisalovic Gergiev, l'intellettuale di Putin nella bufera politica

Dopo lo scontro Giuli-Corriere, lite sull'invito in Italia di Gergiev

Arte, potere e (tanti) soldi. Chi è Valery Abisalovic Gergiev, l'intellettuale di Putin nella bufera politica
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C'è un patto faustiano nella carriera di Valery Abisalovic Gergiev. E secondo i suoi critici, ovvero gli oppositori del Cremlino, il patto ha visto compiere i suoi effetti il primo dicembre del 2023, quando Vladimir Putin ha nominato Gergiev direttore del Teatro Bolshoi di Mosca. Era quello che il geniale direttore d'orchestra aveva sempre sognato: unire la guida del massimo palcoscenico moscovita alla direzione del teatro Mariinsky di San Pietroburgo, nelle sue mani ormai da decenni. Da quel momento Gergiev, primo nella storia a sedere contemporaneamente ai vertici delle due massime istituzioni teatrali del Paese, è diventato padrone assoluto della musica, più potente di un ministro, Zar indiscusso della cultura russa. Insieme al regista Nikita Mikhalkov (il suo film più famoso a livello internazionale è Oci Ciornie con Marcello Mastroianni) è l'intellettuale più in vista del potere putiniano, pronto a collaborare con Vladimir Medinski, l'ex ministro della Cultura, l'uomo che ha riscritto i libri scolastici fino ad approvare un'unica versione autorizzata della storia.

Merito di un talento con pochi eguali al mondo. E di una adesione assoluta ai valori e alle azioni dell'attuale inquilino del Cremlino. Nel 2008 la Russia invade la Georgia; pochi giorni dopo la fine dei combattimenti è Gergiev a guidare un concerto celebrativo a Tskhinvali, capitale dell'Ossezia "liberata" (la sua famiglia è tra l'altro proprio di origine osseta). Tra i brani eseguiti c'è la sinfonia Leningrado, scritta da Shostakovic per ricordare la resistenza all'assedio della seconda città sovietica da parte dei nazisti. È il suggello all'equazione tra "Grande guerra patriottica" e guerre volute dall'attuale Zar, una delle chiavi della propaganda putiniana. Nel 2014 c'è sempre Gergiev a firmare in prima fila il documento con cui si festeggia il ritorno della Crimea alla Grande Madre Russia. E nel 2016 è ancora lui a dirigere un altro concerto: quello di Palmira, in cui l'esercito ex sovietico, di fronte a 100 giornalisti di tutto il mondo fatti arrivare con un aereo ufficiale da Mosca, celebra il nuovo ruolo del Cremlino nella Siria di Assad e nell'intero Medio Oriente. Al momento dell'invasione dell'Ucraina Gergiev non ha dubbi. I teatri di mezzo mondo gli chiedono una presa di distanza per continuare a ospitare i suoi concerti, lui continua a professare incondizionata ammirazione per le decisioni del Cremlino. Decine di migliaia di intellettuali e artisti non vedono altra possibilità se non quella di abbandonare il Paese, lui non fa una piega. Anzi. Anche economicamente non sembra soffrire la situazione. Per questo entra nel mirino del team di Alexey Navalny: con carte e documenti i giornalisti investigativi guidati dal dissidente morto in prigione dimostrano che il direttore d'orchestra usa per scopi personali i beni della Fondazione filantropica internazionale (ha anche la nazionalità olandese) che porta il suo nome.

Con i soldi del resto Gergiev ci sa fare. La stampa internazionale gli attribuisce un patrimonio di 1 miliardo di euro e una discreta parte di questo denaro è in Italia, dove il direttore russo ha ricevuto l'eredità di un industriale farmaceutico, Renzo Ceschina, e di sua moglie, una musicista giapponese, Yoko Nagae.

Tra i beni nella penisola ci sono proprietà preziose ed estremamente redditizie: una splendida villa in costiera amalfitana; 20mila metri quadrati in residenze e uffici a Milano; Palazzo Barbarigo sul Canal Grande e il Caffè Quadri in Piazza San Marco a Venezia. Anche per questo, forse, al musicista di Putin suonare in Italia interessa così tanto.

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