Politica

Albertini: ecco gli affari spericolati dei Ds

Le telefonate tra Gavio e Bersani. Quelle tra Gavio e Penati. E un’anomala plusvalenza di 176 milioni: il sindaco di Milano racconta la sua verità

Sabrina Cottone

da Milano

A chi guarda da fuori il «caso Serravalle», società che gestisce più di 183 chilometri di autostrade, sembra un'incomprensibile guerra tra il sindaco di Milano e il presidente della Provincia. Come la spiegherebbe a un lettore, diciamo così, non appassionato?
«Una lotta per il potere: il dominio assoluto della Serravalle da parte della Provincia, d'intesa con il gruppo privato, attraverso uno spreco di capitali pubblici».
Quando sono nati i contrasti?
«A dicembre ho sottoscritto un patto di sindacato con il presidente Penati per un’efficiente e trasparente gestione pubblica della Serravalle. La Provincia tendeva al dominio assoluto della società. Al presidente nemmeno i poteri minimali di garanzia: il controllo di gestione, l'ufficio legale; ai vertici di tutte le partecipate uomini di fiducia dell'amministrazione provinciale di centrosinistra e uno stuolo di consulenti affiancati ai dirigenti previsti dall'organigramma, ritardi per la quotazione in borsa».
Qual è stata la vostra reazione?
«Ho protestato formalmente. Per ridurci al silenzio, con un blitz di mezza estate la Provincia ha acquistato il 15% del capitale di Serravalle dal Gruppo Gavio, pagando un prezzo per azione elevatissimo: 8,83 euro. Quelle stesse azioni che solo 18 mesi prima erano state cedute, per lo più da "disattente" amministrazioni pubbliche di sinistra, a 2,9 euro per azione, sempre allo stesso gruppo».
E Gavio quanto ha incassato?
«Con una plusvalenza di 176 milioni di euro, ha incassato 238 milioni sottratti dalla Provincia ai servizi ai cittadini. Le anomalie di questa operazione sono sorprendenti: la Serravalle si avviava alla quotazione in borsa con stime di prezzo per azione, indicate dall'advisor, di gran lunga inferiori a quanto pagato».
Penati sostiene che era pronto ad acquistare dal Comune.
«Il presidente della Provincia non ha mai formalizzato alcuna offerta. Per potermi dare del "bugiardo" si è inventato di aver proposto 270 milioni di euro per il nostro 18%. L'ho già sfidato per iscritto il 3 agosto a esibire la prova di ciò che afferma, sto ancora aspettando. Dice di averne parlato ai giornali. Come può pensare di comprare azioni pubbliche con dichiarazioni estemporanee in una conferenza stampa? Nemmeno un box si può acquistare senza una proposta scritta che ne indichi il valore!».
Penati rivendica la correttezza dell'operazione e la invita a rivolgersi alla magistratura se la pensa diversamente.
«Ho presentato un formale esposto alla Corte dei conti. Il procuratore capo della Repubblica ha ascoltato le mie riflessioni sulla vicenda. C'è poi un ricorso al Tar da parte della minoranza in Provincia, firmato anche dal Comune, e una richiesta di arbitrato. Abbiamo dunque interessato la giustizia contabile, amministrativa, civile e penale. Attendo fiducioso quattro istruttorie e i relativi verdetti».
Cosa succede ora della Serravalle?
«La Provincia ha sciolto senza motivazioni il patto di sindacato. Presidente, amministratore delegato e consiglieri di stretta fiducia la governano. Si ritiene imminente una "epurazione" a tutti i livelli e soprattutto il ritorno all'assegnazione degli appalti senza gara... come nell'era Colli».
Pensa che la Provincia sbagli a volere controllare Serravalle?
«Il patto di sindacato dava già alla Provincia la piena gestione. Consentendo al gruppo privato una plusvalenza di 176 milioni di euro, la Provincia non ha quindi acquisito il controllo della società, che già aveva, ma escluso il Comune di Milano dal controllo».
Da intercettazioni telefoniche emergono collegamenti tra Gavio e la scalata a Unipol. Esiste una «questione morale» anche a Milano?
«Vendere il proprio pacchetto azionario a un'istituzione pubblica, realizzare un'enorme plusvalenza e partecipare a una scalata finanziaria non sono fatti penalmente perseguibili. Diventano però segno di una politica disdicevole se, letti in sequenza tra loro, sono riconducibili a un unico disegno contrario all'interesse dei cittadini. Questi ultimi devono sapere che sono state distratte risorse pubbliche destinate al bene collettivo per accrescere il potere di una parte politica, che a questo fine ha scambiato favori con un imprenditore privato».
Lei ha spesso parlato di rapporti tra il gruppo Gavio e i Ds.
«Non solo a Milano. Faccio un solo esempio e quattro nomi: Cisa-Comune di La Spezia - Gruppo Gavio e l'immancabile compagno Greganti. Un'operazione di concambio che ha permesso al Gruppo Gavio di controllare la Cisa senza investire capitali».
Che cosa le fa pensare che l'operazione Serravalle sia stata decisa a livelli più alti rispetto al presidente della Provincia? Una volta lei ha detto: «Lui ha solo messo la firma».
«La prima telefonata del presidente della Provincia al commendator Gavio, avvenuta il 5 luglio 2004 alle 16.46.48, è iniziata con queste parole: "Mi ha dato il suo numero di telefono l’onorevole Bersani". Ne è poi seguito un colloquio riservatissimo in una sede diversa da quella istituzionale. Precedentemente, il 30 giugno 2004, alle 14.07.45, il commendator Gavio parla al telefono con l’onorevole Bersani. Bersani dice che ha parlato con Penati e questi gli ha chiesto una settimana-dieci giorni per fare mente locale, quindi Bersani dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato, poi dice ancora "... vedrà che si trova un modo... Ora fermiamo tutto e tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo!". Gavio ringrazia. Cito l’estratto del brogliaccio delle intercettazioni telefoniche relative al cellulare in uso al commendator Gavio, nel procedimento penale n. 36668/03 R.G.M.R. mod. 21».
Il suo progetto iniziale era la privatizzazione della Serravalle. Allo stato dei fatti è ormai impossibile?
«La salda volontà della Provincia di non scendere sotto la quota di controllo del 50% + 1 azione rende di fatto inattuabile una vera privatizzazione come era nei nostri intenti».
Crede che creare un polo autostradale controllato dalla Provincia sia negativo per l'economia della città e della Regione?
«Il pubblico non può abdicare alla funzione di regia e controllo delle società di servizi. La gestione invece può essere affidata al privato in un regime di concorrenza trasparente e senza favoritismi. Il Comune ha proceduto così per le sue aziende. Statalismo e pianificazione, per di più d'intesa con un solo privato, sono contrari alla trasparenza e alla competizione, e non fanno bene all'economia locale».
Come valuta il nuovo assetto della Serravalle? E il suo presidente Bracchi?
«È il dominio senza controllo della Provincia d'intesa con il gruppo privato. Il nuovo presidente è una persona degna con un curriculum incontestabile ma avrà il compito di legittimare un'inconfessabile trama di potere».
Ora che cosa si augura?
«La Provincia ha sperperato il denaro dei cittadini per acquisire il controllo di una società che già deteneva attraverso il patto con il Comune. Quei 238 milioni di euro sono stati tolti dai servizi alla collettività per interessi inconfessabili. Mi auguro dunque che i milanesi se ne ricordino, che a un "dopo Colli" possa seguire un "dopo Penati"...

quasi per gli stessi motivi».

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