Alberto: "Voglio una foto di Chiara"

Stasi: "Ho detto tutto. La bici non l'ho toccata". In carcere parla con lo psichiatra. La mamma di Chiara: "Uccisa due volte"

Alberto: "Voglio una foto di Chiara"

Garlasco - Mattone dopo mattone Alberto ha costruito un muro di cinta. Intorno ai suoi pensieri, alle sue intime convinzioni, forse alla verità. Il ragazzo, l'unico sospettato, indagato e carcerato per il racconto noir di Garlasco che ha appassionato l'agosto e il settembre italiani, non arretra di un centimetro. Davanti ai magistrati e ai carabinieri nell'interrogatorio di ieri ha sostenuto la sua versione. "Quella bici io non l'ho presa - ha risposto agli investigatori che gli mostravano le analisi dei Ris sul dna di Chiara ritrovato sul pedale -. Io non so nulla, non c'entro nulla". Per l'ennesima volta quelle parole che ritornano. Quasi a segnare un distacco anche materiale, oltre che mentale (il muro serve a questo...) tra sé stesso, lo studente modello di 24 anni quasi laureando alla Bocconi, e il crimine di cui è accusato. Aver massacrato a colpi in testa la fidanzata. Una storia d'amore di 4 anni volata via in un raptus.

In caserma Ieri l'interregatorio di Stasi è durato poco meno di un'ora. Prima che iniziasse, il legale di Alberto, Giuseppe Colli, in attesa dell’arrivo dell’altro difensore, Angelo Giarda, ha parlato a lungo con il giovane e poi con i suoi genitori. Dopo di che, a interrogatorio iniziato, per un paio di volte la verbalizzazione si è fermata perché gli avvocati hanno chiesto di consultare i loro esperti incaricati di occuparsi degli accertamenti non ripetibili (quelli che hanno portato alla scoperta di tracce del dna di Chiara sulla bicicletta sequestrata a casa Stasi) e anche di parlare con il loro assistito. Le dichiarazioni di innocenza di Alberto sarebbero contenute in un verbale di cinque o sei pagine. Verbale in cui tra i molti "Non so, non ricordo, non so niente, non ho fatto nulla", il 24enne ha ripetuto di essere andato nella villetta di Garlasco e di aver trovato Chiara morta. Avrebbe ribadito: "Quello che so ve l’ho già detto. Quello che ho fatto ve l’ho detto".

Notte in carcere Prima notte in cella, apparentemente tranquilla, per Alberto. Stasi si trova in cella da solo, ma per il momento non in isolamento, nel carcere Piccolini di Vigevano, una struttura che ospita circa 400 detenuti. Ce l'hanno portato a tarda sera, dopo aver trascorso l’intero pomeriggio nella caserma dei carabinieri. E' stato messo in una cella da solo. Stamattina ha visto un medico, poi uno psichiatra. Allo specialista ha chiesto una fotografia di Chiara Poggi. E' guardato a vista dalla polizia penitenziaria. Lui ha chiesto solo di parlare con i suoi genitori. Oggi il pm Rosa Muscio, titolare dell’inchiesta sull’omicidio Poggi, dovrebbe inoltrare al Gip la richiesta di convalida del fermo. In realtà ha tempo 48 ore per farlo. Successivamente il giudice deciderà, entro altre 48 ore, se convalidarlo e tenere Stasi in carcere oppure rimetterlo in libertà.

Presentata una memoria E una memoria della difesa dovrebbe essere inviata nel primo pomeriggio al pm Muscio. Un tentativo legale di far "saltare" il fermo. Nel documento, che ha allegata la relazione del consulente di parte Francesco Maria Avato, si sostiene che gli esiti degli accertamenti sulla bicicletta di Stasi sono solo preliminari e quindi non definitivi: gli avvocati ritengono che le conclusioni tratte dai Ris nella loro relazione sono da approfondire e non giustificano il decreto di fermo.

Poi nella memoria i legali farebbero presente che non sussisteva e non sussiste il pericolo di fuga per Alberto, in quanto dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso di garanzia, cioè lo scorso 20 agosto, non è quasi più uscito di casa. Un sistema per evitargli il carcere.

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