Traslocare la Consob a Milano? Per il sindaco della capitale non se ne parla proprio, anzi: «Sposteremo lufficio di Milano nella capitale perché non ha senso che stia lì, visto che la Borsa a Piazza Affari non cè più ma sta a Londra - ha detto Gianni Alemanno - Semmai per risparmiare risorse avrebbe più senso unficare Consob e Antitrust qui a Roma, dove ci sono i ministeri e le funzioni pubbliche ed è giusto che ci siano queste autorità indipendenti». Poche ore dopo, la replica del sindaco di Milano: «Lufficio della Consob rimarrà a Milano - afferma Letizia Moratti - perchè Milano è la sede della Borsa, è la città dei contratti internazionali, è la capitale della finanza. Roma è la capitale della politica. Spostare lufficio della Consob sarebbe come chiedere a Roma di trasferire il ministero dellIndustria a Milano».
Così, mentre si registra lennesima fumata nera in Consiglio dei ministri sulla nomina del nuovo presidente, la Consob diventa oggetto del contendere in una sfida di campanile. Non a caso, Alemanno ha tirato in ballo largomento nel corso di una trasmissione radiofonica - «Te la do io Tokyo» in onda su Centro suono sport - di tono più che popolare, una sorta di «tribuna del tifoso» romanista, dove ha parlato senza troppi eufemismi dei non facili rapporti tra il Carroccio e la capitale, dalle polemiche nordiste su Roma ladrona alla «tregua della pajata». «Per adesso regge - ha ribadito il sindaco - ma se la rompono e ricominciano a trattare con gli insulti temi politici ci scontreremo con tutta la durezza del caso». In questo contesto si inserisce la dichiarazione, volutamente provocatoria, a difesa della «romanità» delle Authority, contro la proposta di trasloco che porta proprio la firma della Lega. Che è già stata bocciata - in una sede ben più istituzionale, unaudizione alla Camera - dallo stesso presidente vicario dellAutorità, Vittorio Conti, basandosi su argomenti tecnici, a cominciare dai costi: non meno di cento milioni per il trasloco nella capitale finanziaria. Ma a preoccupare forse maggiormente il presidente vicario - che, per inciso, è di Bergamo - è il rischio di dimissioni dei dipendenti, portatori di competenze difficili da sostituire in tempi brevi.
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