Alessio Boni: Caravaggio un genio che fa soggezione

da Roma

Sarà pure «uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi», come recita il comunicato Rai, ma la fiction dedicata a Caravaggio in onda su Raiuno nella prima serata di domenica e lunedì prossimi non sarà per tutti. Nel senso che un bollino giallo ne sconsiglierà la visione a quei minori che non hanno un adulto vicino a spiegargli, ad esempio, come andavano le cose nella Roma del primo Seicento. Una città sporca, pericolosa, sordida, un po’ putrefatta (quattro secoli dopo il sindaco Veltroni per certi versi la lascia non così dissimile a parte le pubbliche decapitazioni), dove Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (interpretato con trasporto dal conterraneo Alessio Boni) si muoveva benissimo, dopo i difficili inizi, frequentandone le bassezze e le altezze. Da una parte la vicinanza con i diseredati che poi riproponeva nei suoi dipinti destando scandalo nei salotti dell’alta nobiltà romana, dall’altra quella con le alte sfere della Chiesa come il cardinal Del Monte (interpretato dallo spagnolo Jordi Mollà) che lo ospitò a lungo presso la sua dimora a palazzo Madama. Chissà che anche da questa dicotomia non nasca l’utilizzo del suo famoso chiaro-scuro. Ne è in parte convinto Angelo Longoni, il regista che ha diretto questa grande produzione Rai da 11 milioni di euro, insieme alla Titania di Ida Di Benedetto, e con uno stuolo di grandi attori (tra i tanti altri Elena Sofia Ricci, Paolo Briguglia, Luigi Diberti, Marta Bifano, Maurizio Donadoni): «La sua vita, e quindi la sua pittura, è un conflitto continuo tra ombre e luce, tra gli opposti: conscio e inconscio, santità e peccato, amore e violenza, creatività e distruttività, vita e morte. Il mito lo vuole artista maledetto e assassino, amante onnivoro e promiscuo ma era anche un profondo conoscitore delle Sacre Scritture, un credente legato ai valori di povertà della Chiesa delle origini e per questo attratto dagli emarginati, un addolorato nemico delle ingiustizie commesse dal Vaticano e dalla Santa Inquisizione».
Già, la Chiesa. Non è che ne esca benissimo dalle due puntate di Caravaggio e fa un po’ effetto pensare che siamo su Raiuno. Andrea Purgatori, autore della sceneggiatura insieme a James H. Carrington con la consulenza del Soprintendente del Polo Museale Romano Claudio Strinati e dello storico dell’arte Maurizio Marini, cerca di spiegarne il motivo: «Per noi sarebbe stato impossibile scrivere questa storia se ci fossero state delle censure. Caravaggio era un genio dell’arte ma anche un uomo estremo e noi non potevamo non rappresentare questa eccentricità. Comunque abbiamo colto nel segno perché da una parte l'Osservatore romano non aveva argomenti e si è attaccato solo al fatto che un monsignore viene chiamato una volta eccellenza e l’altra eminenza e dall’altra abbiamo ricevuto molti appunti del movimento gay perché dicono che il nostro Caravaggio non è abbastanza omosessuale».


Ad interpretare il pittore in questa sontuosa opera dal sapore cinematografico (la fotografia è di Vittorio Storaro, le musiche di Luis Bacalov, i costumi di Lia Morandini e la scenografia di Giantito Burchiellaro) troviamo Alessio Boni che ammette di avere avuto qualche remora quando gli è stato proposto il personaggio: «Si trattava di interpretare un genio e non sapevo se ero all’altezza. Essendo nato a Bergamo sono cresciuto col suo mito e così alla fine mi sono lasciato completamente trasportare dalla passione che la sua vita emanava. Ma ho cercato solo di essere il tramite del suo genio».

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