Alex Zanotelli e il cristianesimo africocentrico

Nella chiesa dei Padri missionari comboniani di Roma hanno esposto un presepe con tutti i personaggi di colore (compresi Gesù, la Madonna e S. Giuseppe sistemati in un tukul anziché nella tradizionale grotta). Capisco lo spirito universale dei padri missionari, ma questo mi pare troppo e ne sono veramente disgustato. Non credo che questo Papa sia d’accordo su questa alterazione (provocatoria?) dei nostri simboli religiosi. Mi piacerebbe leggere un parere al riguardo.
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Il presepio è sotto tiro, mio caro Gino. O lo si fa sparire (con il pretesto che offende la sensibilità degli islamici, degli animisti e degli atei), o lo si caricaturizza, come fanno quegli invasati dei padri comboniani, impapocchiandolo a «messaggio civile». Non ho visto il loro presepio romano, col tukul e i protagonisti dell’Avvento tutti pittati di nero. Ma ho potuto dare un’occhiata alle immagini di quello di Venegono che i comboniani varesotti manco definiscono presepio, ma «percorso». Un percorso che «stimoli, faccia riflettere e cerchi di lanciare un messaggio forte, per scuotere dall’indifferenza le coscienze omologate alla cultura dominante». Omologate alla cultura dominante! Cosa da pazzi, come del resto lo scenario del presepe, «in pratica un musical con testi e musiche originali, composti dai comboniani». Non le dico, caro Gino, come si presenta il tutto. Niente bue e asinello, non Maria e San Giuseppe, non i pastori, non la stella di Natale, ma una Terra che espelle un bubbone (la mangiatoia di Betlemme / Uagadougou) alla quale danno le spalle tre individui. Un cardinale nero, un facchino nero e un manager nero in giacca e cravatta. Stop. Son fatti così, i comboniani, hanno questa fissa dell’Africa - per loro l’ombelico del mondo - e gli africani, la razza eletta. Quella bianca, puah: avendo la coscienza omologata, è capace solo di «pregiudizi, ostilità e paura dell’altro». Mentre i negri sono pacifici, onesti, buoni, volenterosi. Giusto una decina di giorni fa il presidente sudafricano Jacob Zuma denunciava (mandando in visibilio i comboniani) la «bramosia del danaro» che corrompe le coscienze (se omologate). Fatto ciò, il buon Zuma ha attinto alle casse dello Stato per acquistare un alloggetto tra le colline dello Zululand: costo: 6 milioni di euri. Niente male per chi non s’è fatto omologare dalla cultura bianca e dominante.
Come lei sa, caro Gino, il combonian de’ comboniani è quel (padre) Alex Zanotelli che da tempo si batte come un leone per un nuovo cristianesimo tukullocentrico. Lo videro ballare la rumba mentre un Léonard Santedi Kinkupu gli spiegava che «se ieri gli europei hanno evangelizzato l’Africa, oggi gli africani devono africanizzare il cristianesimo». Operazione che, stando a quanto afferma lo Zanotelli, va condotta in porto con gli strumenti della «teologia dell’invenzione» (capace «di cogliere e di far emergere la verità delle cose»), la «teologia della liberazione africana» e la «contextual theology», la teologia contestuale sudafricana. Sappia, caro Gino, che la riforma che più sta a cuore ad Alex l’Africano è quella relativa all’afro-pari opportunità della Chiesa. Perché come gli ha detto una certa suor Teresa Okure, «quando la rivoluzione “né uomo né donna” arriverà anche nella Chiesa questa sarà un corpo molto più sano e molto più capace di portare guarigione».

Augh! E allora, caro Gino, da tipetti così - comboniani che trafficano per snaturare il cristianesimo a botte di africanizzazione, contextual theology, afroteologia della liberazione e, questa è davvero bella, teologia dell’invenzione - ci si poteva aspettare un presepio tradizionale e per di più espressione della «cultura dominante»? Coerenti con le loro mattane l’hanno voluto alla Bingo Bongo («I don’t wanna leave the Congo, oh no no no no no... »)

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