Alfano: atto ingiustificabile Si indaga per vilipendio

RomaIl ripudio non potrebbe essere più netto: i manifesti sulle «Br delle procure», dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano, «non possono e non devono trovare alcuna giustificazione». L’autorità giudiziaria, sottolinea il Guardasigilli, «è garante dell’applicazione dei principi di legalità e di giustizia e sull’altare di questi ha versato un tributo, anche di sangue, che nessuno può dimenticare». Duro anche il titolare dell’Interno Roberto Maroni, che annuncia «verifiche» per individuare i responsabili dell’affissione «da condannare» anche perché la procura di Milano «è stata duramente colpita dalle Br». E ieri la procura di Milano ha aperto un fascicolo per vilipendio dell’ordine giudiziario, mentre la Digos ha effettuato perquisizioni, sequestrato alcuni manifesti e ascoltato diverse persone per risalire ai committenti.
Le parole dei due ministri servono a raffreddare un po’ i toni di un dibattito che era già incandescente prima della iniziativa di pessimo gusto degli anonimi attacchini milanesi, e il Pd ne dà atto al governo: «Bene Alfano e Maroni, anche se un po’ in ritardo», dice il parlamentare Emanuele Fiano, che chiede ora una «rapida» risposta all’interrogazione presentata dalle opposizioni: «Se si dovesse verificare che dietro quei manifesti ci sono esponenti del governo o del Pdl, ci aspettiamo provvedimenti di condanna politica altrettanto chiari». Senza aspettare interrogazioni o indagini, c’è però chi ha già la certezza sul colpevole, e naturalmente si tratta di Antonio Di Pietro, secondo il quale «le accuse mosse da Berlusconi alla magistratura sul caso Mills sono gravissime e sono la prova provata che è lui il mandante morale e politico dei manifesti apparsi a Milano».
Intanto, per tutta la giornata di ieri, sulla magistratura milanese messa nel mirino dagli insultanti poster è piovuto un profluvio di messaggi di solidarietà. Anche la leader della Cgil Susanna Camusso è scesa in campo, chiamando indirettamente in causa il premier: «Quel manifesto - dice - parla di un’emergenza democratica nel Paese, frutto anche dell’uso delle battute di chi ci governa». Dal fronte opposto Daniela Santanchè dà un colpo al cerchio e uno alla botte: certo quei manifesti sono «eccessivi», ma anche «il comportamento di alcuni pm è sovversivo».
Ma la polemica sul fronte giustizia dilaga e neppure il capo della Corte costituzionale resta super partes: Ugo De Siervo, presidente (uscente) della Consulta, intervenendo a un convegno giuridico, assesta ceffoni a chi critica le sentenze della Corte («Ignoranti»); avverte che la maggioranza «non può fare quello che vuole»; invita ad «andarci piano» con le riforme della Costituzione, perché «un conto è cambiare la Carta, un altro farla a pezzi»; e accusa la classe politica di manifestare «fastidio» per gli interventi dell’organismo da lui presieduto: «Sembrano cavalli imbizzarriti» quando la Corte respinge una legge.
All’intervento a gamba tesa di De Siervo risponde aspramente il Pdl: «È stupefacente - dice il vicepresidente dei senatori Gaetano Quagliariello - che invece di considerare le preoccupazioni da noi espresse sulla violazione della legge sulle intercettazioni da parte della procura di Milano, De Siervo non abbia trovato di meglio da fare che trascinare l’autorevole istituzione che ancora presiede in una intemerata contro la maggioranza».

E il capogruppo Maurizio Gasparri aggiunge malizioso: forse, visto che tra due settimane andrà in pensione (col massimo dei gradi e della retribuzione, secondo «la assurda prassi del todos caballeros della Corte»), De Siervo «vuole aggiungere un seggio parlamentare agli altri suoi copiosi proventi», e per questo fa «il militante e il polemista politico».

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