Alfano: «Ora un testo equilibrato o rischiamo lo Stato di polizia»

RomaStanotte la Commissione giustizia del Senato, in una seduta ad oltranza, licenzierà (salvo imprevisti) il disegno di legge sulle intercettazioni. Poi, il passaggio in aula, dove il Pdl vuol fare le ultime modifiche. I capigruppo di Palazzo Madama e Montecitorio le stanno concordando (dalla riduzione delle multe per gli editori alla reintroduzione, forse, della pubblicabilità «per riassunto» degli atti giudiziari), in modo che il testo non sia di nuovo toccato alla Camera. Così si cerca di superare i dubbi dei finiani e di contrastare la battaglia delle opposizioni per procedere rapidamente. Mentre l’ipotesi del voto di fiducia non sembra concreta.
Fuori dal Palazzo le polemiche impazzano. Da tre giorni il sottosegretario alla Giustizia degli Stati Uniti, Lanny A. Breuer, ripete che le intercettazioni sono «uno strumento indispensabile per combattere la mafia». E ieri da Palermo, dove partecipava alla commemorazione per i 18 anni dalla strage di Capaci, ha precisato: «Non conosco le nuove norme, ma spero che continueremo ad avere leggi forti che ci consentano di proseguire e di lottare insieme contro la mafia».
Una frase subito commentata dal ministro della Pubblica amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta: «Mi piacerebbe che in Italia ci fosse lo stesso rigore nell’uso delle intercettazioni che c’è negli Stati Uniti. Ma non c’è. Negli Usa le intercettazioni si fanno per colpire la criminalità ma chi sgarra paga e paga carissimo. E negli Stati Uniti non c’è lo stesso malcostume che c’è in Italia di avere le intercettazioni o gli interrogatori della magistratura sui giornali il giorno dopo». Insomma, a Breuer Brunetta direbbe: «Benissimo, applichiamo le stesse regole americane o le stesse regole inglesi e il problema sarebbe risolto». Il ministro sostiene che il governo vuole evitare «la macelleria che i giornali e certa parte della magistratura hanno fatto». Sul diritto alla riservatezza, aggiunge che la magistratura o le forze di polizia, in nome delle loro indagini contro la criminalità, «non possono penetrare nella vita di tutti noi senza nessun controllo».
La privacy, interviene anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano, «non è un diritto di serie B e bisogna trovare l’equilibrio con l’espressione del pensiero e il diritto-dovere delle indagini». Il pericolo è cadere nello «Stato di polizia», avverte il Guardasigilli, intercettando tutti e sempre, perché si afferma che «più si intercetta e più reati si scoprono». Meglio, per Alfano, risparmiare sulle intercettazioni inutili e trovare «più risorse per quelle indispensabili». Il ministro assicura che si cercherà «un testo più equilibrato possibile», ma assicura che nel ddl non si cambia nulla per le indagini di mafia e terrorismo, «né per i presupposti, né per la durata».


Per alcuni magistrati questo è vero solo «teoricamente», come dice il procuratore di Palermo Francesco Messineo: si restringe l’utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste ordinarie e spesso le indagini antimafia nascono proprio da queste. Sembra più ottimista Piero Grasso, in attesa del testo definitivo della legge. Il procuratore nazionale Antimafia riconosce che il ddl «è migliorato e speriamo in altri miglioramenti».

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