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Shahin si rifugia dopo il rilascio: "Andrò avanti". La vera biografia tra poligamia e legami pericolosi

Piantedosi: "Faremo valere le nostre ragioni. Lui vicino a combattenti in Siria"

Shahin si rifugia dopo il rilascio: "Andrò avanti". La vera biografia tra poligamia e legami pericolosi
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Dottor Jekyll o mister Hyde? Costruttore di ponti o seminatore d'odio? Qual è il vero volto di Mohamed Shahin, l'imam della moschea di via Saluzzo a Torino che il Viminale voleva espellere e che la Corte d'Appello di Torino ha «liberato»? Il suo rilascio dal Cpr di Caltanissetta, spiega Matteo Piantedosi al Tg4, è «una decisione che vanifica il lavoro di un sistema di prevenzione che finora ha tenuto immune il nostro Paese da attentati terroristici», ma il ministro dell'Interno, che stigmatizza il «condizionamento ideologico da parte di chi deve applicare il diritto», assicura: «Faremo valere le nostre ragioni nelle tappe successive». Quanto al profilo dell'Imam, «abbiamo dei segnali di vicinanza a soggetti pericolosi, che hanno vissuto una forma di radicalizzazione che si è concretizzata» nell'andare a combattere in Siria, affonda Piantedosi.

Lui, intanto, dalla «località protetta» del Nord dove si trova, si racconta all'opposto. «Il Cpr? Un contesto molto duro. Però potrò continuare a portare avanti a Torino quel progetto di integrazione e di inclusione, di condivisione di valori positivi e di vita pacifica, di fede e di dialogo intrapreso tanti anni fa», spiega in un comunicato diffuso in serata dai suoi avvocati, Fairus Ahmed Jama e Gianluca Vitale.

Ma, appunto, il Viminale non cambia idea. A confermare le parole di Piantedosi anche fonti ministeriali chiariscono che non ci sono solo le dichiarazioni di Shahin a favore degli attentati di Hamas del 7 ottobre o la partecipazione al blocco stradale. Ci sarebbero altri elementi, gravi, che fanno parte di un fascicolo ancora secretato.

Per capire se Shahin è davvero un portatore di pace fedele all'Italia o un uomo dalle simpatie jihadiste, siamo stati nella «sua» moschea a Torino poche ore prima del suo ritorno in libertà. Scoprendo che, stando a quanto riferito dai suoi collaboratori, lì si promuoverebbe la poligamia e non si escluderebbe la nascita di una rappresentanza politica di ispirazione islamica, magari per le prossime comunali.

Con l'aiuto di un fixer che parla arabo, e fingendo di essere una coppia musulmana, siamo stati accolti in una stanza angusta accanto alla sala della preghiera da due collaboratori dell'imam, un ragazzo egiziano e un italiano convertito all'islam. Abbiamo spiegato che il «nostro» uomo arabo, pur avendo già contratto matrimonio voleva sposare altre donne. L'italiano convertito ci ha risposto che «purtroppo» il nostro Paese non consente la poligamia, aggiungendo però che «a questo c'è un rimedio». A illustrare il «rimedio» è stato l'egiziano. «Noi abbiamo qui l'imam Shahin ha spiegato - che è molto esperto di questi argomenti, l'unico problema è che lui adesso non è disponibile, è fuori Torino. Quindi la soluzione migliore è aspettare quando lui torna». «L'imam ti aiuterà nel suo intento», ha detto per tranquillizzare il nostro fixer che si fingeva preoccupato. «Questi casi (di poligamia, ndr.) sono frequenti nella moschea, vengono spesso persone che vogliono sposarsi a livello islamico () So per certo che Mohamed fa queste cose in maniera molto semplice». Per l'italiano convertito, peraltro, anche se «a livello legale italiano non c'è alcuna copertura», la poligamia permette di «essere islamicamente a posto», di «rispettate la legge di Allah», e pazienza per quella italiana.

Ma anche sull'ipotesi di fondare una lista islamica per le prossime comunali i due sono possibilisti. «Possiamo farlo tranquillamente, anche perché a Torino non c'è solo una questione di musulmani, ma di stranieri, e ce ne sono tanti», ha spiegato l'italiano, aggiungendo che l'unico problema è «capire chi potrebbe rappresentarci». L'egiziano del centro islamico ha approfondito la questione, ricordando come se «i musulmani della prima generazione facevano solo i muratori e non si interessavano alla politica», adesso «invece, le seconde generazioni la studiano e sono pronti». Si spera anche a rispettare la Costituzione.

Viste le premesse, chissà che cosa verranno a «studiare» le classi che

vengono qui in visita, come la terza media che abbiamo visto entrare in moschea subito dopo essere stati rassicurati sulle prospettive poligame del nostro complice. Forse Shahin, una volta tornato a Torino, potrà spiegarlo.

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