Dopo la Toscana e l'Emilia Romagna, il "tour" di Francesca Albanese prosegue anche nelle scuole delle Marche. L'altro giorno la madrina dei pro Pal, frequentatrice dei convegni di Hamas è comparsa in videocall in un liceo scientifico di Pesaro, per istruire i ragazzi sul "genocidio" dei palestinesi, il diritto alla resistenza e la complicità dei governi europei, in particolare quello italiano.
Il solito copione che le ha fruttato cittadinanze onorarie in molti comuni amministrati dal centrosinistra, anche nelle Marche (Fabriano l'ha premiata lo scorso ottobre). Negli istituti toscani ed emiliani sono già stati mandati gli ispettori dal ministero, anche perché in alcuni casi l'Albanese è stata invitata ad insaputa dei presidi.
La macchina organizzativa dietro il suo tour scolastico, in effetti, non sono le scuole, ma singoli insegnanti politicizzati e militanti che fanno parte del gruppo "Docenti per Gaza". È una rete di insegnanti di tutta Italia che si è formata nel 2023 a partire da un appello al governo italiano, titolo "Lavoratrici e lavoratori della scuola contro la pulizia etnica in Palestina", per chiedere di "fermare il genocidio in Palestina e pretendere soluzioni concrete contro l'occupazione, il massacro e lo scolasticidio" e opporsi più in generale "al riarmo europeo e alla militarizzazione della società e delle scuole". La rete consta di oltre 4mila docenti e si muove come una specie di sindacato ultra-politicizzato, infatti hanno preso parte agli scioperi generali convocati da Landini e Usb, da quelli a sostegno della Global Flotilla (finiti con gli scontri con la polizia) a quelli contro la Legge di Bilancio e contro la "deriva autoritaria in Italia". I "Docenti per Gaza" non si battono solo contro Israele, ma anche contro la politica del governo, contro gli accordi tra le università italiane e le università israeliane, contro la spesa militare e per i diritti Lgtbq (scrivono "bambin* e ragazz* palestinesi"). Condividono insomma il programma politico dei movimenti antagonisti e pro Pal che sfilano nei cortei. Solo che, a differenza dei centri sociali, questi poi fanno lezione agli studenti.
Si calcola che i seminari della Albanese, e parliamo solo di quelli del 4,9 e 10 dicembre, abbiano coinvolto quasi 12mila ragazzi. Un'operazione di indottrinamento sistematica e massiva. Ovviamente condividono una lettura unilaterale del conflitto in Medioriente. Basti dire che nel loro "manifesto" non viene mai nominata Hamas, neanche una volta. Hanno materiali per tutti gli ordini di scuole, anche quelle per l'infanzia, con libri illustrati e cartoni animati palestinesi. Hanno un'altra guest star oltre alla Albanese: l'attore Elio Germano, già in prima fila nella lotta per i fondi al cinema contro il governo che li ha modificati. "Previa preiscrizione", i docenti per Gaza offrono la possibilità di partecipare in modalità realtà virtuale al suo spettacolo "Segnale d'allarme", un monologo che prende le mosse dal Mein Kampf di Hitler, un antesignano di Netanyahu. Poi c'è una ricca bibliografia suggerita agli studenti. Oltre all'opera omnia della Albanese, ovviamente, anche libri come quello della palestinese Samah Jabr, Sumud. Resistere all'oppressione (pubblicato dalla casa editrice fondata dall'ex brigatista Renato Curcio).
I "Docenti per Gaza" sono in buona compagnia. L'Unione europea mostra le stesse preoccupazioni educative. Se si dà una occhiata ai progetti finanziati dalla Ue in campo universitario si trova un capitolo apposta su "Islam, sharia e islamofobia", e un altro dedicato agli "Studi Pro immigrazione". Si vede così che alla Sapienza di Roma, per gli anni 2025-2027, l'Europa ha finanziato con 200mila euro il corso "La comprensione della storia passata per affrontare l'islamofobia presente", mentre all'Università di Amsterdam in Olanda si cercano le strade per un "Islam bianco: una nuova religione per gli europei", progetto che da Bruxelles finanziano con 300mila euro.
All'Università di Modena, anche nel 2025, si lavora ad una "Piattaforma per le narrazioni
sulle migrazioni passate e presenti" (3 milioni di euro dalla Ue), ma in cima ci sono i fondi Ue per "Chiedere a potenziali migranti in quale luogo si sentirebbero a casa", ben 5 milioni per rispondere a questo interrogativo.