Alfano sfida il Carroccio sulla previdenza

Il segretario del Pdl agli alleati: "I diritti acquisiti non si toccano ma dobbiamo pensare al futuro dei giovani"

Alfano sfida il Carroccio sulla previdenza

Roma Nell’attesa di un faccia a faccia chiarificatore tra Berlusconi e Bossi, Alfano butta sul tavolo la questione generazionale. Padri contro figli, figli contro padri. Lo fa rispondendo a distanza al Senatùr che sul tema della riforma delle pensioni continua a mettere il suo Carroccio di traverso.

Dal meeting di Rimini il segretario del Pdl, prima di volare a Roma per sbrigare la matassa delle modifiche alla manovra, ha risposto all’alleato del Nord: «Sulle pensioni, voglio dire una parola chiara: coloro i quali hanno già una pensione, non la vedranno toccata - ha detto Angelino - Noi siamo a difesa dei pensionati che hanno già una pensione». Punto primo: difenderemo i diritti acquisiti dei padri. Ma il punto secondo è tutto rivolto ai giovani: «Non vogliamo creare un conflitto generazionale fra padri e figli; vogliamo pensare al futuro dei giovani italiani che hanno già difficoltà a trovare un lavoro e che si trovano a essere precari». È anche e soprattutto alla previdenza dei figli che occorre pensare: «Vogliamo lavorare per assicurare loro una pensione e siamo convinti che su questo i padri siano accanto ai figli e non contro. Occorre quindi - ha concluso Alfano - costruire un grande patto per il futuro dei nostri giovani».

In questo momento la Lega invece pare difendere esclusivamente i padri o i nonni. E lo fa per una ragione molto semplice, dichiarata nero su bianco dalle colonne della Padania: «L’anno scorso l’Inps ha pagato 174.729 nuove pensioni di anzianità. Di queste ben 111.380 sono state erogate nelle Regioni del Nord. Cioè il 63,74 per cento del totale». Ecco perché Bossi continua a ringhiare appena sente la parola «pensioni». E innalza il «vessillo previdenza» per guadagnare consensi tra i sessantenni che, nel 2013, andranno in pensione con l’80 per cento dell’ultimo stipendio.

Nei ragionamenti di molti pidiellini lo sguardo di Bossi, tuttavia, pecca di strabismo: guarda troppo ai vecchi e non abbastanza ai giovani. Nel 2013 si passerà dall’attuale quota 96 a quota 97. Tradotto: si potrà ottenere una pensione di anzianità avendo 61 anni di età e 36 di contributi oppure 62 anni e almeno 35 di contributi. Ma i figli? Un trentenne di oggi potrà andare in pensione oltre i 65 anni e con la metà dell’ultimo stipendio. A conti fatti, vista la prospettiva di vita che s’è innalzata, i padri si starebbero mangiando il futuro dei figli. Ecco perché Alfano, sebbene a distanza, ha cominciato a mandare segnali di fumo a Bossi, che suonano come un avviso di futuro scontro generazionale, cercando di fargli digerire un innalzamento dell’età pensionabile. Purtroppo la crisi è il fischio d’inizio di un derby tra padri e figli, visto che la spesa previdenziale si mangia oltre il 15 per cento della ricchezza nazionale ed è finanziata principalmente dai giovani di oggi.

Su questo tema le posizioni tra Pdl e Carroccio restano distanti, sebbene lo stesso Alfano abbia dispensato ottimismo: «Al termine della manovra la coalizione fra noi e la Lega uscirà rafforzata», ha giurato a Rimini dopo aver pranzato con il governatore della Lombardia Formigoni, con il vicepresidente del Pdl Maurizio Lupi e il presidente degli eurodeputati del Pdl Mario Mauro.
Poi, alle 19 di sera, l’incontro con il direttivo dei gruppi del partito, in Senato. Un summit all’insegna del bilancino per mediare tra le tante richieste di modifica della manovra, specie quelle degli ultraliberali di Crosetto, Stracquadanio & C. Dopo l’intervento introduttivo di Gasparri, la parola è passata a Cicchitto che ha in parte contestato le troppe critiche alla manovra: «Senza la manovra l’Italia è nei guai e il governo pure».

Dopo aver confermato l’intenzione di emendare la manovra solo al Senato, mettendo poi la fiducia alla Camera, Cicchitto ha poi criticato i tagli lineari di Tremonti di questi anni: «Il Pdl è stato tenuto fuori dalla politica economica». Poi, l’attacco alla Lega: «Sulle pensioni Bossi fa populismo operaista» mentre le province «andrebbero eliminate tutte». Dopo Cicchitto, parola ad Alfano: «La manovra va cambiata».

A delle condizioni: «Il governo è da salvare e la coalizione deve reggere». Alfano ha smussato gli attacchi a Tremonti: «Do atto che s’è dovuto muovere tra paletti molto stretti» poi ha aperto al capitolo liberalizzazioni «sia delle professioni che dei servizi pubblici locali».

Adesso si tratterà di mediare, alla luce degli input del Cavaliere che, ha giurato Angelino, «è già al lavoro con alcune idee importanti». Il punto fermo è uno solo: saldi invariati. Perché «la manovra è stata promossa dalla Bce e senza staremmo peggio».

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