
In Alto Adige l’altitudine non è un dettaglio: orienta vigneti, maturazioni e stili. A Termeno, la tenuta J. Hofstätter usa il Pinot Bianco come cartina di tornasole di questa identità montana, un’uva spesso data per scontata e oggi di nuovo al centro dell’attenzione per la sua duttilità a tavola e in cantina.
Per anni la percezione è stata confusa: si parlava di Pinot Bianco “verde” e “giallo”, finché negli anni Ottanta si capì che il “giallo” era, in realtà, Chardonnay. Poi arrivarono le mode – prima lo Chardonnay, poi il Pinot Grigio – e il Bianco arretrò un passo. Non in casa Hofstätter, che ha continuato a proporne due letture, puntando su misura e pulizia. Oggi una nuova generazione lo ha ripreso in mano. «Questa varietà per noi rappresenta la purezza, la freschezza per la quale l’Alto Adige è apprezzata dagli appassionati, sicuramente tra i vitigni più rappresentativi della nostra zona di montagna», osserva Martin Foradori Hofstätter.
Il profilo del vino qui nasce da quote intermedie, dove l’escursione termica e i suoli calcarei di origine dolomitica fanno la differenza. Nel bicchiere compaiono mela verde, fiori di campo, una lama agrumata. Al sorso l’acidità è tesa ma non tagliente, la sapidità allunga, la chiusura resta netta. È un Pinot Bianco senza effetti speciali: lineare, rigoroso, costruito più sulla precisione che sull’ornamento. Al naso presenta un bouquet molto fine con note di pesca, mela e pera. Struttura elegante e armoniosa al palato, con acidità equilibrata. Rivela raffinate note fruttate e un leggero aroma di noci sul finale. Un promemoria di come l’Alto Adige sappia coniugare freschezza e chiarezza espressiva, evitando l’eccesso e lasciando parlare il frutto e il territorio. A tavola si muove con disinvoltura accanto a pesci, verdure e formaggi freschi.
J. Hofstätter è una delle cantine altoatesine maggiormente votate all’innovazione anche se ha radici che affondano nella storia di una famiglia. Fu infatti fondata nel 1907 dal fabbro Josef Hofstätter e dalla moglie ristoratrice Maria. Da allora le generazioni si sono succedute e con Martin Foradori (e la moglie Beatrix) siamo alla quarta. Martin è stato colui che ha fatto fare il vero salto di qualità all’azienda che oggi, oltre alle storiche particelle su entrambi i lati della Bassa Atesina, conta anche su vigneti nella regione vinicola tedesca della Mosella (Dr Fischer, che produce un notevole Riesling Trocken). e Maso Michei, la tenuta situata a 823 metri di altitudine, tra le "Piccole Dolomiti" del Trentino, dove vengono prodotti il Pinot Nero Michei di Michei e i Trentodoc metodo classico Michei e Michei Riserva 1823.
Tra i progetti più sperimentali della famiglia Foradori c’è lo Steinbock Zero, che propone vini analcolici (uno fermo e uno spumante) ottenuti grazie a un moderno processo di vuoto a bassa temperatura, conservano gli aromi dell’uva, l’acidità e la mineralità che garantiscono un assaggio piacevole per chi voglia restare in forma, debba guidare o si trovi nell’impossibilità di assumere alcol.
Ma naturalmente la parte più interessante della ricca carta dei vini Hofstätter è quella dei vini altoatesini, in particolare quelli ottenuti da singola vigna, che sono veramente la cifra stilistica dell’azienda. Parliamo del Sauvignon Vigna Oberkerschbaum, dei Gewürztraminer Vigna Kolbenhof, Vigna Rechtenthal e Vigna Pirchschrait, del Pinot Bianco Vigna San Michele Barthenau e, tra i rossi, del Lagrein Vigna Steinraffler e della batteria dei Pinot Nero, uno più interessante dell’altro: il Riserva Mazon, il Barthenau Vigna Herbstöfl, il Barthenau Vigna Roccolo, il Barthenau Vigna S. Urbano.
Ma in casa Foradori è già pronta la
quinta generazione; quella che vedrà pèr protagonista il figlio di Martin, Niklas, che ha già compiuto numerose esperienze in Italia e all’estero (in Mosella, in Sudafrica, nell’Oregon) e la sorella Emma. Il futuro è già qui.