I dati macroeconomici danno la sensazione che l'Italia non stia riuscendo a reagire alla sfida della nuova competizione globale. L'analisi di dettaglio mostra una realtà diversa: le piccole imprese stanno tentando di adattarsi con frenetico attivismo alle nuove condizioni di mercato, mostrando vitalità e non certo declino. Ma, qui il punto, hanno bisogno di un «qualcosa» di esterno all'azienda per poter trasformare tale capacità reattiva in successo sul mercato. Negli ultimi mesi, anche per darvi un servizio migliore, più concreto, ho cercato di individuare cosa potesse essere questo «qualcosa». Non nei dati aggregati, dove è difficile trovarlo, ma chiedendolo direttamente agli imprenditori. Il risultato di tale indagine ha prodotto una «Formula Italia» che faciliti la trasformazione competitiva della piccola impresa. La descriverò in un saggio, ma è qui utile anticiparne un pezzo perché contiene una sorpresa: basterebbero poche e semplici misure per mettere le ali alle imprese. Come mai non si vedono? È evidente nella nostra cultura politica una difficoltà nel mettere in priorità la piccola impresa ed il suo mondo. Forse perché i piccoli che creano ricchezza e soluzioni non vanno in televisione mentre i «grandi» che generano costi e problemi - monopolisti, sindacati, ecc. - ci riescono? Comunque sia, la ricchezza nazionale, depurata dal (...)
(...) ciclo di finanza pubblica, è prodotta per circa l'80% da piccole aziende e qualsiasi formula che le aiuti è una di sviluppo per l'Italia intera. Ecco perché «Formula Italia» e la segnalazione della sua priorità.
È stato impressionante rilevare, in decine di colloqui, che l'Irap non tassa solo il lavoro e perfino i debiti, viscosità folle, ma deprime la propensione al rischio di impresa: un impatto psicologico, oltre che tecnico, spaventoso. La prima misura della formula, quindi, è via l'Irap, senza indugio, costi quel che costi nel reperire la copertura di bilancio pubblico per tale detassazione selettiva. Con 12 miliardi in meno di gettito avremmo decine di migliaia di imprenditori non solo alleggeriti, ma più ottimisti, per correre più veloci. La seconda priorità indicata da molti imprenditori riguarda una maggiore certezza del ciclo dei pagamenti. Le aziende sono messe in difficoltà dal fatto che i loro clienti paghino quando fa loro comodo. Un mese o due di ritardo possono mettere seriamente in crisi la finanza di una piccola unità e ho rilevato che sta succedendo, o è problema percepito, in numeri abnormi. La soluzione è quella di migliorare e far rispettare le leggi che regolano i termini di pagamento delle fatture, non pare impossibile. Una terza priorità rilevata è quella di facilitare le acquisizioni di imprese da parte di altre. In parecchie piccole aziende famigliari il vecchio imprenditore non ha figli che vogliano continuare l'attività e la scala dell'azienda non permette managerializzazioni. Per evitarne la chiusura, o una gestione svogliata, bisognerebbe dare a chi vende la possibilità di guadagnarci qualcosa e a chi compra un incentivo. Significa detassare, semplificando, le cessioni di (piccole) imprese, immobili compresi. In tal modo i piccoli più attivi potrebbero crescere più facilmente via acquisizioni. La consapevolezza di quanto sia importante la tecnologia dell'informazione per la riduzione costi e gestione del business è sentita dagli imprenditori molto di più di quanto si pensi, ma questi fanno fatica a individuare e reperire quella che esattamente serve a loro. Perché i grandi fornitori di tali tecnologie non riescono ad arrivare fino ai piccoli e viceversa. Ci vuole un mediatore, per esempio le associazioni di categoria e/o i distretti, che raggruppi le imprese in aggregati di domanda con scala tale da rendere sostenibile la costruzione di grandi reti.
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