«All’estero si rassegnino tutti Gli italiani tifano Berlusconi»

Dietro a due occhiali a specchio si nasconde la parola affilata: un guru americano della comunicazione competitiva, innamorato dell’Italia e di Berlusconi. Ha un nome insolito ma incisivo, Beau Toskich, parla un italiano agile e crede di aver trovato il codice del successo, la pietra filosofale del perfetto comunicatore e quindi del perfetto politico. Ha collaborato con Ibm, Glaxo, Telecom Italia, Lexus, Fiat e gruppo Unicredit ma ha «una vera passione per la politica. Anzi, per i politici». Beau sorride dietro a un drink analcolico: «Si chiama comunicazione competitiva o Verbal driver, come il mio secondo best seller in Italia (Sperling e Kupfer) dopo La strategia dell’uovo fritto e Da treno a taxi.
Perché definisce la sua comunicazione «competitiva»?
«Perché la comunicazione sociale serve per essere capiti. Nel business e nella politica si parla per vincere, perché il cliente o l’elettore ascolta anche l’altro competitor... Ai miei amici imprenditori dico che il cliente non compra ma sceglie. Ai miei amici politici dico che l’elettore non vota ma sceglie. Per essere scelto ti devi distinguere e la comunicazione è il cuore della differenziazione».
Lei ha contribuito all’elezione di Diego Sozzani (Pdl), il nuovo presidente della Provincia di Novara.
«Sozzani voleva una lingua giovane, veloce e a colori. Questa qualità si è vista durante la sua campagna elettorale».
Ha lavorato anche per l’onorevole Bonsignore, europarlamentare del centrodestra?
«Lavorare con lui è stato un piacere professionale, è stato il primo politico italiano a lanciare una serie di focus group a Milano, Torino, Genova e Aosta per vedere l’Italia con gli occhi dell’elettore».
Cosa ne pensa di Berlusconi?
«È un grande politico, ma soprattutto un grande comunicatore. L’obiettivo centrale di un politico è di sviluppare un legame emozionale con il suo pubblico. Una capacità rara e determinante. Espressioni come piattaforma, dinamica e capillarità le sento spesso sul palco politico, tendono ad essere viste come una esibizione di superiorità e aumentano la distanza emozionale fra quello che parla e quelli che ascoltano. Le parole che danno più km per un litro di energia di un politico sono le parole semplici».
Qual è il vantaggio della comunicazione di Berlusconi?
«Lui usa le parole che toccano e muovono l’anima dell’elettore. Perché la gente “tifa” per Berlusconi. Sono d’accordo con lui quando dice che ha la fiducia del 70% degli italiani. Il tifo è forse la più bella parola italiana, non c’è in inglese. È un fenomeno esclusivamente italiano, che ho cercato di spiegare alla tv americana Abc in tre minuti. Quando il popolo tifa per un politico si fanno le condoglianze alla concorrenza».
Ha mai lavorato per lui?
«Mi ricordo nel 2001 a Milano in Datamedia, quando gestivo i focus group per Berlusconi durante la sua corsa contro Rutelli, 50 persone selezionate per età, sesso, professione e schieramento politico. Venticinque di centrodestra, altrettanti dall’altra parte. Quelli di destra idolatravano Berlusconi, quelli di sinistra lo definivano “mafioso” e “ladro”. Dopo il primo coffee break ho fatto a tutti questa domanda: “Avete risparmiato un po’ di soldi. A chi li affidereste per farli crescere? A Berlusconi o a Rutelli?”. Tutti hanno detto “a Berlusconi”».


Qual è il messaggio?
«Quando si parla di economia o di lavoro, soprattutto durante una crisi profonda come quella che stiamo vivendo oggi, l’elettore italiano sta con Berlusconi».
Anche se dall’altra parte ci fosse, che ne so, Bersani?
«Secondo lei?».
felice.manti@ilgiornale.it

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