Fabrizio de Feo
da Roma
Una riunione lampo del Consiglio dei ministri. E il via libera del governo alla missione dei soldati italiani in Libano diventa ufficiale e definitivo. Il «sì» che autorizza linvio delle nostre truppe arriva con un voto espresso allunanimità, in attesa di una successiva consultazione del Parlamento. Una prassi anomala che accende perplessità dalle parti dellopposizione ma che è comunque sufficiente a concedere la necessaria copertura giuridica e finanziaria alla partenza delle nostre navi, già salpate ieri dalle nostre acque.
Concluso il Consiglio dei ministri Massimo DAlema e Arturo Parisi scendono in sala stampa per ragguagliare i cronisti sui dettagli tecnici della missione, in attesa di capire quale tipo di azione metteranno in campo i nostri soldati nei luoghi caldi del conflitto. È il ministro della Difesa a dare le cifre e ad annunciare che saranno 2.496 i militari italiani impegnati in Libano nella prima fase della missione mentre nella seconda il contingente salirà a quota 2.680. Lo schieramento della forza italiana, aggiunge Parisi, avverrà nellarco di quattro mesi. Ci sarà entro ottobre lo schieramento della forza di ingresso, la «early entry force», alla quale, successivamente, subentrerà il contingente vero e proprio. La seconda fase riguarda lintervento di una «follow force».
«Tutte e due le fasi - spiega Parisi - vedono sostanzialmente impegnato un numero di militari che ruota intorno ai 2.500 uomini». Nella prima fase mille militari saranno destinati a un impegno a terra e gli altri sulle cinque navi coinvolte nelloperazione: 800 sulla Garibaldi, 600 sulle altre tre navi da sbarco e 116 sul pattugliatore. Nella seconda fase i militari impegnati saranno 2.680 di cui 2.450 a terra e gli altri a bordo del supporto navale. Con una postilla: la missione in Libano prevede lapplicazione del codice penale militare di pace e non quello di guerra. Una scelta «identitaria» attraverso cui regalare, almeno formalmente, connotati soft allazione dei nostri militari.
La missione comporterà un impegno finanziario tuttaltro che trascurabile e sarà finanziata anche grazie alle maggiori entrate fiscali realizzate dallo Stato. Il costo fino a fine 2006 - quindi per soli quattro mesi - sarà pari a 216 milioni di euro di cui 186 destinati al finanziamento vero e proprio della missione e altri 30 milioni di euro a favore della cooperazione. Il rifinanziamento per cifre presumibilmente simili scatterà poi a inizio 2007. Esistono già da parte delle autorità libanesi richieste specifiche sullutilizzo di questi fondi: soprattutto per lassistenza sanitaria e dei profughi (che sono circa un milione) ma anche per contribuire a ripristinare normali condizioni di vita delle aree interessate dal conflitto.
Dopo il voto del Consiglio dei ministri si dovrà procedere alla conversione del decreto da parte delle Camere. «Arriverà in tempi stretti in Parlamento, si sta definendo il calendario ma dovrebbe essere già dallinizio della prossima settimana» annuncia Parisi. Non manca, secondo copione, la rivendicazione del ruolo centrale svolto dallesecutivo italiano. «Il governo è stato tempestivo e coerente» sostiene il ministro della Difesa Arturo Parisi «il nostro Paese è in prima fila nello svolgimento della missione internazionale». E anche Massimo DAlema rivendica la coerenza dimostrata nel momento in cui lItalia sembrava lunico Paese disponibile a inviare truppe in Libano. Il ministro degli Esteri, però, non si espone in merito alla durata della missione. «Non è facile fare previsioni ma può darsi che si tratti di una missione non breve». Tuttavia, precisa, «limportante è raggiungere gli obiettivi», ovvero «conseguire la pace, garantire la piena sovranità del Libano e la sicurezza in Israele». Sui compiti del contingente italiano DAlema si mantiene sulle generali.
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