
Caro Direttore Feltri,
ho letto con sgomento la notizia di un bambino di dieci anni abbandonato dai genitori all'aeroporto di Barcellona. La famiglia era in partenza per il Marocco, ma il bambino aveva il passaporto scaduto. E così, invece di rinunciare alla vacanza o trovare una soluzione sensata, madre e padre hanno pensato bene di salire sull'aereo con l'altro figlio, lasciando il piccolo a terra in attesa che un parente venisse a recuperarlo. Tutto questo, pare, per non perdere i soldi della vacanza. Che ne pensa, direttore? È questo il livello della genitorialità moderna?
Olga Bianchi
Cara Olga,
quello che è accaduto all'aeroporto di Barcellona, se confermato nei dettagli riportati dalla stampa, è di una gravità disarmante. Si può essere poveri, ignoranti, stanchi, esasperati. Ma si può essere anche disumani. E abbandonare un bambino in un aeroporto internazionale, una giungla di corpi e lingue e frenesie, per non perdere una vacanza è un atto che non ha giustificazioni. Non esistono sfumature. Si tratta, a voler usare un termine tecnico, di abbandono di minore. Punto. È un reato ma anche un atto mostruoso, contro natura. Non bastavano i cani abbandonati in autostrada per andare al mare, adesso anche i figli minori.
Ora, io non sono uno psicologo, tuttavia ho cresciuto figli e conosco l'animo umano: quel bambino, lasciato da solo con il suo zainetto e i suoi pensieri mentre i genitori si accomodavano sui sedili dell'aereo, non dimenticherà mai quella scena. E non perché è successo qualcosa di traumatico nel senso eclatante del termine, ma perché si è impresso in lui il segno più subdolo e profondo della crudeltà affettiva: il senso di esclusione.
I genitori hanno implicitamente comunicato: «Tu sei sacrificabile». Hanno trasmesso al figlio l'idea che una prenotazione su Booking valga più della sua presenza. Un'educazione fondata sulla convenienza, non sull'amore. E si dirà: «Ma avevano chiamato un parente per andare a prenderlo!». Peggio ancora. Perché ciò dimostra che l'atto non è stato neppure di impulso, bensì calcolato. Hanno fatto due conti: se restiamo perdiamo i soldi e pure il relax. Se partiamo, lo lasciamo lì e qualcuno va a recuperarlo. Così hanno scelto di scavalcare la coscienza in nome di qualche centinaio di euro e un hotel con piscina. Il problema, però, è più profondo. Viviamo in un'epoca in cui l'infanzia viene caricata di una responsabilità adulta, ma senza ricevere la dignità dell'adulto. Un bambino oggi deve cavarsela, deve capire, deve essere resiliente, responsabile, adattabile. Deve aspettare. E soprattutto deve capire i genitori, invece che essere capito da loro. E così, in un mondo che celebra la genitorialità come un diritto, stiamo dimenticando che il primo dovere di chi genera è non abbandonare mai. C'è un che di sadico, in questa scena che sa di bullismo genitoriale: «Noi partiamo. Tu resti. Perché sei d'impiccio, perché non sei in regola». Il danno psicologico che può derivarne non è catalogabile sotto una voce medica. È un trauma silenzioso: il sentirsi di troppo, lo sguardo degli altri, la percezione che l'amore si misura col biglietto in mano. Io non so cosa sia successo a una parte della nostra società, però temo che stiamo allevando una generazione di genitori egoisti, fragili, narcisi, convinti che tutto ruoti attorno al proprio bisogno di evasione, di leggerezza, di meritato riposo. Anche a costo di trattare un bambino come un bagaglio fuori misura da lasciare al gate. Per fortuna dicono le cronache la polizia ha fatto scendere i genitori e li ha ricondotti alla realtà. Ma i guasti morali resteranno. Perché i figli non sono mobili da spedire o rimandare. Sono anime.
E chi genera non può comportarsi come se fosse il cliente di un resort.La vacanza sarà pure andata in fumo, ma almeno lo speriamo è rimasta intatta una briciola di dignità. Che però, a giudicare da come è iniziata questa storia, era già in saldo da tempo.