All’Onu crepe tra Prodi e D’Alema su nucleare iraniano e palestinesi

Ed è giallo sul colloquio con il presidente iraniano. Il premier: mi ha voluto vedere. Teheran: no, ha chiesto lui di incontrarlo

Gianni Pennacchi

nostro inviato a New York

Il nostro ministro degli Esteri, condivide davvero e in pieno, gli sforzi e le aperture del presidente del Consiglio nei confronti di Teheran? Il dubbio affiora perché ieri mattina, commentando l'incontro della sera prima tra Romano Prodi e il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad - colloquio per altro andato a vuoto - si è limitato a definirlo «molto importante», rinnovando invece l'avvertimento che per la questione del nucleare iraniano restano pochi giorni, «è questione di settimane, non di mesi». Innegabile, però, è la diversità fra D'Alema e Prodi nel giudizio sul tentativo del leader palestinese Abu Mazen di uscire dallo stallo dando vita a un governo di unità nazionale con Hamas.
Prodi aveva detto che «c'è un veto di Israele e Stati Uniti», D'Alema invece assicura che il presidente dell'Autorità nazionale palestinese «può tornare nei Territori con mandato rinnovato a lavorare per un governo di unità nazionale palestinese». V'aspettate che D'Alema apra un contenzioso pubblico con Prodi? No, però lo smentisce; e a riprova che ha ragione lui mentre l'altro sbaglia, invita a «leggere il documento ufficiale del Quartetto, sottoscritto da Unione Europea, Stati Uniti, Russia e Nazioni Unite: lì c'è la posizione della comunità internazionale su questo tema». Posizione che, inutile dirlo, è quella di D'Alema.
Di certo in questa trasferta americana - sarà che ha fatto il giro del mondo in pochi giorni accumulando stanchezza cinese e frustrazioni italiane - Prodi ha inanellato gaffe e passi falsi. Era sotto i riflettori per l'incontro col presidente iraniano - s'apre un nuovo piccolo giallo, perché il premier ha detto che glielo aveva chiesto Ahmadinejad, mentre agenzie di stampa iraniane scrivono che questi «ha ricevuto» Prodi e che l’italiano ha elogiato «il ruolo eccezionale della Repubblica islamica nella regione» - ma il successo nel quale sperava non c'è stato, dando fiato e spessore a quanti sostenevano che non dovesse andare a quel colloquio.
Così, quando alle 19 (l'una di notte italiana) Prodi s'è presentato ai giornalisti ha ammesso che l'incontro si era concluso «senza alcun passo in avanti concreto». E ha raccontato: «Ho fatto presente a Ahmadinejad la necessità che l'Iran proceda verso un negoziato concreto e che questo è il momento in cui mettere in atto le intenzioni varie volte espresse; e come sia estremamente importante che ciò venga fatto rapidamente. Lui ha insistito sul ruolo dell'Iran nell'area medio-orientale e sul diritto di andare avanti nelle ricerche nucleari. Io ho insistito sulla necessità di uno stop nell'aspetto militare della ricerche e quindi che si vada ad un accordo, tanto più che l'Europa ha oggi una parte molto più attiva nella trattativa con l'Iran». Conclusione dello stesso Prodi: «Ci siamo lasciati cordialmente, ma in sostanza senza alcun passo in avanti concreto».
Giudizio negativo, dunque?, ha risposto il premier, «positivo ma interlocutorio. Positivo nel senso che le opinioni sono state molto chiare, precise e che non mi è stato detto né sì, né no».
La questione del nucleare iraniano è la più calda di questa 61ª Assemblea generale dell'Onu, e dunque vi è tornato anche D'Alema ieri. «Siamo nella fase delle decisioni», ha detto confermando che Javier Solana, il negoziatore europeo, ha ricevuto una proroga del suo mandato «da svolgere in un tempo ragionevole. Non è un ultimatum, ma non c'è dubbio che il tempo non è infinito. Sarebbe già scaduto anzi», poiché l'Onu aveva chiesto all'Iran di cessare l'arricchimento dell'uranio entro il 31 agosto, «ma opportunamente c'è stata una certa flessibilità».
E veniamo all'Anp. Prodi, dopo aver riferito sul colloquio con Ahmadinejad, aveva anche raccontato che Abu Mazen gli «ha detto che era pronto un accordo per formare un governo di unità nazionale con 8 ministri di Hamas su 24, 4 di Al Fatah e gli altri della società civile, ma che c'è su questo un veto di Israele e degli Stati Uniti».

D'Alema lo ha «rettificato», diciamo così, spiegando che invece il presidente palestinese «ha ricevuto in questi giorni un forte sostegno internazionale», e le conclusioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, nell'ultima riunione ministeriale sul Medio Oriente, «seguiranno la traccia delle conclusioni del Quartetto». Conclusione soddisfatta del ministro degli Esteri: «Noi dobbiamo aiutare i palestinesi, e rompere l'assedio di Gaza».

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