nostro inviato a Genova
Genova parla a strati, per sedimenti che non si cancellano mai. Un vicolo sopra l'altro, una banchina alla volta, una memoria che non sparisce ma si deposita. È così che questa città dalle mille sinistre continua a raccontarsi dai tempi del G8 del 2001, del caso di Carlo Giuliani e di Piazza Alimonda: non per rottura ma per accumulo di casi. Negli ultimi giorni, uno di questi strati ha preso il volto di Mohammad Hannoun. Nel giro di poche ore il suo nome, che farebbe parte del perimetro giudiziario, è entrato in quello simbolico. Hannoun, per la Genova dell'antagonismo, dell'antifascismo militante e dell'islamismo politico, è una bandiera. Un fronte largo che nel capoluogo ligure si ricompone ogni volta che serve un martire: antifascismo, attivismo pro-Palestina, sindacalismo militante.
La mobilitazione ha preso forma fuori dal carcere ma soprattutto nella narrazione. Volti già visti, slogan rodati, rituali collaudati. Qui la piazza non nasce: si riattiva. Hannoun viene raccontato come vittima e come simbolo. La città conosce bene questo linguaggio. C'è un dettaglio che pesa più degli altri. Nella piazza solidale con l'arrestato è comparso il figlio del capo della "cellula italiana" di Hamas, anche lui indagato. In molti leggono la sua presenza come un passaggio di testimone silenzioso. A dare legittimazione è arrivato anche chi, fino a ieri, veniva considerato istituzionale. Salah Hussein, l'imam di Genova, ha preso la parola nella manifestazione per Hannoun. In quel momento una parte dell'islam genovese ha smesso di essere solo un interlocutore religioso e ha scelto la contesa politica. La piazza non è improvvisata. È un'alleanza. "Genova antifascista", attivismo pro-Palestina, islam organizzato e camalli del porto, da sempre centrali nella logistica delle mobilitazioni.
Tra le figure di riferimento del sindacalismo portuale c'è José Nivoi, portavoce del CALP, noto anche per le iniziative legate alla Flotilla. La sua presenza nel panorama dell'attivismo portuale non è collegata al caso Hannoun ma restituisce il contesto di una città in cui il porto rimane un moltiplicatore politico.
A fare da sponda istituzionale arriva il Partito democratico. Il consigliere comunale Si Mohammed Kaabour, di fede musulmana, parla sui social di "macchina del fango", sposta il discorso su Gaza ed evita una presa di distanza netta dal caso Hannoun. Nel suo post scrive: "Le indagini sul dott. Hannoun non sono recentissime: era già finito nell'attenzione delle forze dell'ordine e, in passato, una prima fase investigativa si era chiusa con un'archiviazione". Aggiunge: "Hannoun ha sempre vissuto apertamente la sua posizione politica, dichiarando il proprio impegno per i diritti del popolo palestinese e l'autodeterminazione" e sottolinea che "è residente in Italia da oltre 40 anni, figura conosciuta nella comunità, senza alcun percorso di invisibilità o clandestinità". È la corrente musulmana del Pd che reclama spazio con le sue istanze. Non è un dettaglio secondario: il consigliere comunale dem in passato si è speso per l'ipotesi di una grande moschea cittadina e, secondo più di un osservatore, ora che siede in maggioranza potrebbe tornare alla carica.
È su questo terreno che arriva il controcampo del centrodestra. La capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale, Alessandra Bianchi, afferma: "Qui il campo largo, incapace di guardare al futuro, ha seminato dissenso raccogliendo violenza, rivangando il passato e lanciando falsi allarmi fascisti".
Genova, in via formale, è senza moschea. Ma i centri culturali islamici proliferano. In città se ne contano 13, che diventano 16 includendo la provincia, a fronte di una popolazione musulmana stimata attorno al 4%. Il centro di via Coronata (500 mq), presentato all'epoca proprio da Hussein, era presente alla manifestazione al Marassi e nel novembre 2023 ha rilanciato un video con Hannoun protagonista di un comizio pro Pal. Da questa estate è attivo un centro in vico Caprettari, nel centro storico. E poi c'è l'ipotesi più sensibile sotto il profilo politico: un luogo di culto, una moschea sotto altre sembianze, da 1.200 mq in via Rivarolo, pronto a segnare un salto di scala.
Su questo punto interviene la Lega. La consigliera comunale Paola Bordilli afferma: "Sulla scia del lavoro della Lega a livello europeo e nazionale, con il collega Bevilacqua, abbiamo presentato documenti per pretendere un controllo costante dei centri culturali islamici. La giunta Salis deve tutelare Genova e i suoi cittadini". C'è però uno strato più antico che riaffiora. Nel 2001, in un'intervista a Il Secolo XIX, Hannoun commentava l'11 settembre dicendo: "Noi abbiamo condannato fin dal primo giorno quel massacro. Ma la guerra non è la risposta giusta" e aggiungendo: "Ricordiamoci piuttosto che contro Osama Bin Laden non sono ancora state portate prove convincenti e che comunque non devono pagare per eventuali sue colpe i popoli civili afghani". Intanto la città reale scorre sotto striscioni pro Gaza e scritte anti governo. Nei caruggi la prostituzione è sempre più in mano alla mafia nigeriana, dicono gli operatori sociali. E cresce il mugugno genovese, una persistente domanda di sicurezza. Piazza Alimonda è a pochi minuti da Palazzo Tursi. Da lì, dal trauma mai elaborato del G8, il nome di Carlo Giuliani continua a filtrare ogni lettura: Stato contro piazza, potere contro vittima. Hannoun entra senza difficoltà in questa grammatica. Genova ha sempre trasformato il disagio in racconto: Fabrizio De André con poesia in musica, Moni Ovadia con militanza politica, don Andrea Gallo pure.
Oggi quel racconto si spinge fino al terreno dell'appartenenza politico-religiosa.
Il sindaco Silvia Salis guida una città complessa ma l'attività della giunta appare più schiacciata a sinistra dei pronostici, forse prigioniera di equilibri che non vengono mai spezzati. Ma proprio la Genova di sinistra potrebbe essere chiamata a pagare un prezzo politico, un conto che rischia di essere salato.