All’Umberto I «spariti» 15 milioni di euro

«Da venerdì scorso ufficialmente e da stamani (ieri, ndr) in via operativa i pazienti del dipartimento di Medicina clinica del Policlinico Umberto I non hanno più il loro ambulatorio per fare i prelievi di sangue: controlli importanti per chi è malato di Hiv, epatite, immunodeficienze primarie e secondarie. Per chi è in terapia sperimentale. Sono circa 800 pazienti emotivamente deboli e particolarmente complicati da trattare, bisogna tutelare la loro privacy e la loro dignità di malati. E invece che si fa? Per volontà della direzione sanitaria si va a relegare l’ambulatorio in un bugigattolo di pochi metri quadri attiguo agli ambulatori di oncologia e gastroenterologia. Altro che considerazione e dignità del malato». Chi parla è Fernando Aiuti, immunologo di fama internazionale, direttore di Medicina interna e immunologia clinica dell’Umberto I e direttore della Scuola di specializzazione di allergologia che, dopo appena cinque giorni dalla divulgazione dell’inchiesta de L’Espresso, confida a il Giornale che «i fondi per la bonifica delle aree degradate, filmate e fotografate nel reportage giornalistico e che interessavano le strutture dedicate a Malattie infettive, sono stati erogati ormai quasi dieci anni fa e mai spesi».
Professore, vuole dire che l’ambulatorio dedicato ai pazienti sieropositivi ormai non funziona più a pieno regime?
«Di più, era uno dei pochi che funzionava: cartelle cliniche informatizzate e aggiornate sia per quanto riguarda i test biochimici che immunologici. Ora, con il trasferimento, gli operatori sanitari si ritrovano a non avere più nemmeno la rete per collegare un computer, un telefono e un modem».
E il motivo per storpiare il servizio prelievi di Medicina clinica?
«Necessità di centralizzare pure i prelievi. Anche se la centralizzazione in questo caso consiste in un fatto un po’ macchinoso: si tratta di aspirare il sangue al paziente, metterlo in un apposito contenitore, portarlo presso l’autoparco, caricarlo su un’ambulanza o un altro mezzo di trasporto per trasferirlo al laboratori di Clinica virologica a via Tiburtina. Mentre prima si riusciva a dare risposte agli utenti in due o tre giorni ora i tempi d’attesa si protraggono per settimane. L’aggravio sui ritardi dipende pure dal fatto che prima gli esami si potevano fare quotidianamente, ora è stato fissato solo un giorno a settimana. Per i test sull’Hiv prima di ottenere la risposta si aspettano pure una ventina di giorni. Almeno quando ci sono i reagenti per l’esame».
Come scusi?
«Già, periodicamente succede che non ci sono i reagenti per il test. Si fanno i prelievi ma non si può esaminare il campione. Così siamo costretti a “prendere tempo” per recuperare i reagenti e fornire la risposta. Premetto che i pazienti hanno già pagato il ticket sulla prestazione».
Che ne pensa del progetto di ristrutturazione del Policlinico universitario?
«Non è credibile. Costruire un unico padiglione dove ospitare malattie infettive assieme a allergologia e immunologia non è possibile. La legge nazionale stabilisce che i reparti di malattie infettive non possono essere collocati in promiscuità con gli altri reparti. Basta ricordare che già nel ’97 vennero erogati dal governo di allora fondi appositi per l’avvio di lavori specifici di riammodernamento che riguardassero, all’interno del complesso dell’Umberto I, un nuovo edificio per il reparto in questione. Si tratta di 13 milioni di euro di cui abbiamo anche informato la direzione generale».
Il nuovo reparto però non è sorto. Di quei fondi che ne è stato?
«Non è dato sapere: saranno in attesa d’essere spesi per altre necessità... Ma non è un caso sporadico: ci sono altri 2 milioni di euro erogati, sempre nel ’97, per Malattie infettive e immunologia allo scopo di acquisire nuove strumentazioni per i laboratori che però non sono stati ancora impegnati».
Facciamo un passo indietro.

Il vecchio complesso di Malattie infettive e tropicali non sarebbe quello che, nei sogni del manager Ubaldo Montaguti, potrebbe essere trasformato in un centro commerciale e dato in gestione a soggetti privati?
«Non è un caso che proprio nei sotterranei di malattie infettive sono stati reperiti farmaci e presidi sanitari in disuso, scatoloni di rifiuti ospedalieri e altro genere di immondizia. Se già nel ’97 fossero stati utilizzati quei 13 milioni di euro per il riammodernamento degli impianti non ci ritroveremmo così».

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