A leggere le ultime stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita economica, che «prosegue ma resta incerta», viene in mente la celebre poesia di Trilussa sul pollo. Le medie statistiche, si sa, sono spesso ingannevoli come uno specchio deformante. Così, il fatto che la crescita globale si attesterà al 4,4% nel 2011 e al 4,5% nel 2012, in leggera decelerazione rispetto al 5% del 2010, poco o nulla rivela. Lo stesso Fmi si affretta infatti a precisare che la recovery continua «a due velocità», con le economie emergenti (+6,5%) a fare da traino. Niente di nuovo. Peraltro, un player come la Cina ha semmai il problema di raffreddare i bollori di uneconomia troppo surriscaldata (+10,3% il Pil nel 2010) e con troppa inflazione.
Dalle strette al credito già messe in atto da Pechino e da quelle che, verosimilmente, verranno, sono attese ricadute sullespansione mondiale. Per lEuropa non è una buona notizia. Il Vecchio continente è già un vagone mal agganciato al treno della ripresa, ben meno saldo rispetto agli Stati Uniti il cui sviluppo sarà del 3% nel 2011 e del 2,7% nel 2012. Tassi di crescita non sufficienti né a rimuovere il macigno della disoccupazione, né quello altrettanto pesante dellindebitamento federale, ma comunque nettamente superiori al +1,5% di questanno e al +1,7% del 2012 attesi per larea euro. Più bassa della media la performance dellItalia: +1% nel 2011 e +1,3% nel 2012, lo 0,1% in meno rispetto alle previsioni pubblicate a ottobre. Ieri è infatti arrivato il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «È un imperativo forzare la crescita della nostra economia e andare oltre» le previsioni indicate contenute nellultimo Bollettino della Banca dItalia (+1% sia nel 2011, sia nel 2012). Cè però chi sta peggio: nel quarto trimestre 2010 il Pil inglese è sceso dello 0,5%. Anche se la frenata è probabilmente stata causata dallondata di maltempo, subito sono riaffiorati i timori di una ricaduta in recessione.
Il sentiero della ripresa lungo cui si muove lintera Europa, è daltra parte stretto. Perfino la Germania über alles deve mantenere alta la guardia, anche perché gli stress registrati nella periferia dellarea euro - ricorda il Fondo - contribuiscono a mantenere «alcuni rischi verso il basso». Per la verità, ieri Eurolandia ha superato a pieni voti un esame serissimo come quello del primo bond collocato dal fondo salva-Stati (Efsf). Gli operatori hanno parlato di richieste «spettacolari», e non a torto: a fronte di unofferta per complessivi 5 miliardi di euro, le domande pervenute sono state pari a 40 miliardi. Unautentica caccia alle obbligazioni da parte delle Banche centrali, dei fondi sovrani (il Giappone ha comprato oltre il 20% dei bond) e dei grandi investitori privati. Che, oltre alla sicurezza garantita dalla tripla A assegnata da Moodys, S&P e Fitch, sono anche stati allettati da un rendimento del 2,8%, quasi 50 punti base sopra quello del bund tedesco.
È un chiaro segnale di ulteriore calo di tensione sui debiti sovrani, rafforzato dalle parole del Fmi secondo cui «nessun Paese uscirà dalleuro», e importante anche perché è arrivato nonostante non sia stato sciolto il nodo sul potenziamento finanziario del fondo.
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