Allarme per il Satiro danzante: senza climatizzazione rischia di corrodersi

Lo splendido bronzo recuperato in fondo al mare nel 1998 e da alcuni attribuito a Prassitele si sta rovinando perché nella sala dell'ex chiesa di Sant'Egidio a Mazara del Vallo non c'è un impianto adeguato. Preservarlo costerebbe appena 200mila euro

È, forse, uno dei tesori più belli che l'arte antica ha tramandato ai secoli. Un tesoro ancora più prezioso visto come è tornato alla luce, nel 1998, rimasto impigliato nella rete di pescatori. La sua leggiadria ha incantato il mondo, tanto che anche il Louvre qualche anno fa lo ha voluto ospite nelle sue sale, così come Tokyo. Eppure il Satiro danzante, il bronzo da alcuni attribuito alla maestria di Prassitele (IV secolo a. C), da altri all'inizio dell'età ellenistica, e sopravvissuto a millenni di immersione in mare ora rischia di morire: nell'ex chiesa di Sant'Egidio a Mazara del Vallo, dove alla fine si è deciso di esporlo nel museo che porta il suo nome, manca un adeguato impianto di climatizzazione che consenta di tenere una temperatura costante che preservi il delicato bronzo. Non costerebbe molto, circa 200mila euro. Eppure il Satiro sta lì, senza protezione. E, lentamente, si sta corrodendo.
«I fattori ambientali possono innescare nuovi processi di corrosione - denuncia al Quotidiano di Sicilia Roberto Petriaggi, che ha diretto il risanamento del Satiro danzante all'Istituto centrale per il restauro di Roma - l'assenza di un clima controllato è un problema annoso che doveva essere risolto».
E che invece risolto non è stato. Tra l'altro il museo è poco lontano dal mare. Umidità e salsedine sono quindi un problema all'ordine del giorno. Inizialmente gli esperti avevano suggerito di chiuderlo in una teca. Il bronzo, fatto di una lega di poco più di cinque millimetri di spessore, è delicatissimo, e soffre per gli agenti esterni. E per salvare il Satiro basterebbero poco meno di 200mila euro, tanto ci vorrebbe per la climatizzazione. Ma ancora non è stato fatto nulla.
La scultura, alta due metri e mezzo, rappresenta un satiro, essere mitologico facente parte del corteo orgiastico del dio greco Dioniso. La storia del suo recupero inizia nel 1997. Il peschereccio «Capitan Ciccio», appartenente alla flotta marinara di Mazara del Vallo e comandato dal capitano Francesco Adragna, ripesca dai fondali del Canale di Sicilia una gamba di una scultura bronzea. Nella notte fra il 4 e il 5 marzo 1998 lo stesso peschereccio riporta a galla, da 500 metri sotto il livello del mare in cui era adagiata, gran parte del resto della scultura. La statua è bellissima, benché mutilata. La leggiadria nella danza del satiro nonostante le mutilazioni è straordinaria. Le fattezze sono talmente vive da aver fatto pensare a più di uno studioso che si tratti di un'opera di Prassitele, e dunque al IV secolo a. C.

Altri invece ritengono che sia da spostare al periodo ellenistico, tra il I e il II secolo dopo Cristo, e che sia finita in fondo al mare in seguito ad un naufragio. Comunque, è un capolavoro. Un capolavoro che sarebbe un vero peccato lasciar morire.

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