Per la fine di marzo i giochi devono essere fatti. Non manca molto, dunque: qualche settimana, poi la partita dei rinnovi al vertice dei maggiori gruppi industriali pubblici e di alcuni big privati entra nel vivo. È un tema di cui si parla poco, ma che sta bene in vista nelle agende riservate della politica. Anche perché non capita tutti gli anni una stagione che prevede la nomina di 150 amministratori di società pubbliche o private ma strategiche per il Paese - in scadenza con le assemblee di bilancio in calendario per lo più tra il 20 e il 30 aprile (ma le liste dei nuovi cda devono essere presentate 20-30 giorni prima). È un esercitino di amministratori delegati, presidenti, consiglieri e sindaci in scadenza, calcolati contando anche quelli delle società controllate più significative.
I rinnovi cadono nel bel mezzo dell’attuale legislatura. Ma in questa fase politica assumono un rilievo speciale. Primo perché rappresentano una fetta del potere economico e finanziario del Paese. Secondo perché sono un bel po’ di poltrone pesanti da assegnare, vuoi per rafforzare l’attuale maggioranza di governo, vuoi per allargarla a nuove componenti quali l’Udc. Vuoi per soddisfare le richieste di maggiore rappresentanza della Lega Nord, vuoi per misurare la tenuta del rapporto tra Berlusconi e Tremonti. Cioè tra Palazzo Chigi, che da sempre ha l’ultima parola sulle nomine, e il ministero del Tesoro, che detiene la quota di riferimento nel capitale delle società in questione. Da Tremonti dipende, tra l’altro, anche la Cassa Depositi e Prestiti, a cui da poco fa riferimento il pacchetto del 26,3% dell’Eni. E di cui andrà rinnovato il presidente, oggi Franco Bassanini, espresso dall’opposizione. In gioco non c’è solo qualche strapuntino, ma la gestione del 15-16% del Pil nazionale, da cui dipende un bacino di mezzo milione di dipendenti. Tanto valgono Poste Italiane, Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Telecom, Edison. A cui si sommano varie controllate quotate in Borsa (come Ansaldo Sts o Saipem), e altre non quotate.
Solo le Poste rappresentano un gruppo di 155mila lavoratori, distribuiti in 14mila sportelli. Un blocco sociale da 9 anni nelle mani di Massimo Sarmi , manager che nasce finiano, ma che ha saputo trovare la stima sia di Berlusconi, sia quella di Tremonti, al quale ha dato il pieno e incondizionato appoggio per la Banca del Mezzogiorno. Se la può giocare. Con Eni, Enel e Terna si entra nel settore dell’energia, perno delle politiche di sviluppo nazionali e pure della politica estera.
È il fulcro della partita, perché a differenza delle Poste queste sono società quotate, le aziende più potenti da gestire. Paolo Scaroni , ad dell’Enel, guida da 6 anni il primo gruppo nazionale. Il suo rinnovo è assai probabile, anche se non sono mancate pesanti manovre di disturbo legate alle rivelazioni di Wikileaks sui dubbi americani nei rapporti Eni-Gazprom, spunto per alcuni articoli al vetriolo del Corriere delle Sera. Segno che tra i poteri della finanza che controllano il quotidiano milanese si cela qualche appetito sul cane a sei zampe. Ma Scaroni gode della piena fiducia del governo. Più facile invece che si liberi la casella della presidenza, occupata da Roberto Poli da 9 anni, un periodo considerato sufficiente per un cambio non traumatico. Stesso discorso vale per Piero Gnudi , il presidente dell’Enel. Mentre il suo ad, Fulvio Conti , pur candidato naturale per l’Eni,dovrebbe facilmente restare al suo posto, forte della trasformazione del gruppo in multinazionale dell’energia.
Per l’ad di Terna, invece, lo stimato Flavio Cattaneo, che ha portato le azioni Terna da 2 a 3,3 euro in tempi di crisi finanziaria, si prepara un’upgrading che, in questo schema, potrebbe riguardare la Finmeccanica, dove l’attuale numero uno, Pierfrancesco Guarguaglini, tra tutti i manager di Stato appare il più debole per le note vicende giudiziarie che lo riguardano. Dal futuro assetto di Finmeccanica discende l’intera filiera dell’aeronautica, civile e militare, italiana. Selex, Agusta Westland, Alenia Aeronautica sono le controllate da cui dipendono altre milionarie commesse del gruppo. Anche il presidente di Terna, Luigi Roth , è candidato per il colosso della difesa, nella casella presidenza.
Ci sono poi società non pubbliche ma strategiche. Telecom, per esempio, con un cda di 15 membri in scadenza: controllata dal pool Generali-Mediobanca- Intesa, la società che detiene la rete delle tlc è guidata da Franco Bernabè e controlla, tra l’altro, La7 , la tivù del Tg che con Mentana ha trovato un nuovo peso politico. Una quota rilevante è detenuta dagli spagnoli di Telefonica. Per questo il rinnovo o meno di Bernabè significa anche decidere a quale manager affidare il futuro della rete e della stessa proprietà di Telecom.
Discorso in parte analogo per Edison, società attiva nell’energia e con un ruolo nel nucleare, il cui assetto dipende dal rapporto con il socio Edf, partecipato dallo Stato francese e dunque coinvolto nelle complesse partite bilaterali tra Roma e Parigi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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