Alleati o nemici, purché parenti: quando i politici tengono famiglia

Mogli e mariti, padri e figli, zii e nipoti: uguale il cognome, diversa la scelta di campo. Destra, sinistra, centro: l’ideologia divide. Ma in certi casi unisce. Per sempre

da Milano

Giurano Letizia e Milly che è semplice non far finire in rissa ogni tombola di Natale: basta non parlare di politica. E uno fatica un po’ a crederci, che la Moratti sindaco di Milano e berlusconiana convinta riesca a trattenersi dal piantare due metaforiche dita negli occhi alla cognata consigliere comunale Pd, ambientalista impegnata e antiberlusconiana incallita.
Tra calcio e petrolio
È vero che possono sempre buttarla sul calcio, Massimo magari a volte preferirebbe calare un velo pietoso, ma anche così vuoi che sull’Inter non si chiamino in causa i cugini milanisti e che per una facile associazione di idee dal Diavolo del campo non si arrivi a quel diavolo del premier che ne è presidente? Del resto, sono in buona compagnia.
Ah... l’Italia
A metterli tutti i fila, i politici che hanno almeno un consorte, un nipote, un fratello nello schieramento opposto, l’Italia pare uno di quei paesotti alpini dove vale la regola del «si sposano fra di loro», tutti hanno lo stesso cognome e son tutti parenti, anche se hanno perso il conto del grado. L’ultima famiglia che farà meglio a non riunirsi è quella dei Colaninno, ché nelle stesse ore in cui Matteo, ministro ombra del Pd, definiva inesistente la cordata italiana per Alitalia annunciata da Silvio Berlusconi, la cordata se l’è trovata nel salotto di casa, con papà Roberto che si è tuffato cuore e portafogli nel ruolo chiave di presidente della New Company incaricata di sfidare la forza di gravità per la compagnia di bandiera. In fondo, il giovane imprenditore prestato a Veltroni, alle amicizie bipartisan è abituato, se al suo matrimonio c’era pure Maurizio Gasparri, allora ministro di An alle Telecomunicazioni. E poi basterà chiedere consiglio a Enrico Letta, che con il governo Prodi ricoprì lo stesso ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio che prima (e dopo) di lui fu di zio Gianni, ma anche lì: mai parlato di questo in vita nostra. Sarà.
Eredi di Bettino
E che dire dei figli di Bettino Craxi: simbolo della diaspora socialista, lui nel centrosinistra e lei nel centrodestra, c’è da credere che Bobo e Stefania gli affari di famiglia li sbrighino via telegramma, e senza cordiali saluti in calce.
Hasta la victoria
Oppure Massimo Cacciari, bisogna immaginarselo mentre si produce in dotti quanto inascoltati predicozzi al nipote Tommaso che, forte di un papà come Paolo, fratello di Massimo, ex Pci ex Cgil oggi in Rifondazione, ogni due per tre guida il Centro sociale Rivolta di Marghera alla rivoluzione anarchica contro lo zio sindaco di Venezia.
Tra moglie e marito
E poi le coppie. Che si saranno detti Fassino e Serafini nelle ore calde delle candidature, quando il neonato Pd tentava di far fuori Anna perché «è l’ora di smetterla di candidare le mogli d’arte»? E Clemente Mastella e Sandra Lonardo, davvero non si saranno mai rinfacciati gli errori sotto il Campanile nel periodo buio delle inchieste e degli arresti? In principio furono Nilde Iotti e Palmiro Togliatti, lei giovane deputata, lui cinquantenne già sposato e con un figlio, il Pci che li osteggiò severo, loro che sfidarono il moralismo bacchettone degli anni Cinquanta. Altri tempi visti dalle nozze fra Carolina Lussana e Giuseppe Galati, lei padana di Bergamo lui calabrese di Catanzaro, lei alta bionda algida, lui piccolo nero sanguigno, soprattutto lei deputata leghista, lui deputato Udc. Quando si sposarono, nel settembre dell’anno scorso, i rispettivi partiti si comportarono come due famiglie in faida. Gli ex democristiani arricciarono il naso in un infastidito: contenti loro... I Giovani padani invece andarono alla crociata, intasando il web all’urlo di: mai con un terùn, e vagli a spiegare, come fece Carolina, che il primo era stato il capo, «Umberto Bossi è sposato con Manuela Marone, una meridionale». Ben più grave scandalo aveva fatto tre anni prima il «caso Adamo ed Eva». Già il luogo: Cosenza. Poi la storia: lei, Eva Catizone, classe 1965, scuola socialista, sindaco di centrosinistra, che rimase incinta di lui, Nicola Adamo, otto anni più vecchio, segretario regionale dei Ds, sposato con due figli. «Metterò al mondo un bimbo da single, lo chiamerò Filippo e gli darò il mio cognome», aveva annunciato lei al Quotidiano della Calabria, scatenando i pettegolezzi. «Sono io il padre di quel bambino e voglio dargli il mio cognome» fece outing lui 48 ore più tardi sulla Gazzetta del Sud.
Rosso e crociato
Non resta che consolarsi pensando che il conflitto di interessi familiare di recente ha riguardato persino l’austera Svizzera. È successo che due consiglieri di Stato della Repubblica del Canton Ticino, lei socialista, quindi di sinistra, lui della Lega dei ticinesi, cioè di destra, sono stati visti scambiarsi effusioni in pubblico, chi parla di baci sul collo, chi di un bacio da Via col vento, chi addirittura di mani poco castigate. Il gossip imperversa immediato, le battute si sprecano: «In politica gli estremi si toccano, eccome», «La collegialità ne uscirà rafforzata». Solo che poi la notizia arriva oltre il San Gottardo, e quando compare sull’autorevole Neue Zrcher Zeitung son dolori.

Perché qualcuno tira fuori una legge del 1961, che decreta l’impossibilità per due coniugi, e se son concubini la legge vale lo stesso, di sedere contemporaneamente nel governo cantonale. Così, dopo il silenzio arrivano le smentite: noi amanti? Macché, quelle erano solo effusioni fra due amici. Resta il dubbio che li abbiano costretti a lasciarsi. Chissà, magari però faranno le vacanze in Italia.

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