Allegri respira ma deve dare la sveglia a Ronaldinho

«Il Milan mi sembra in crescita». Firmata da Adriano Galliani, rimasto in un silenzio assordante tra Catania e Lazio, questa frase ha avuto l’effetto di un bel po’ di crema spalmata sulle ferite aperte, rappresentate dal distacco in classifica rispetto all’Inter (meno cinque punti dopo 4 gare) e dalle insoddisfazioni collettive per il gioco espresso e il ridotto numero di alternative a disposizione (ricambi solo in difesa, a centrocampo e in attacco turn-over ridotto all’osso) di Allegri. La crescita segnalata da Galliani è riferita alla tenuta stagna della squadra nella prima parte della sfida (mai concesso un contropiede alla Lazio, blocco granitico tra centrocampo e difesa almeno fino all’uscita di Gattuso) e al rispetto rigoroso delle direttive della panchina: Thiago Silva non si è più mosso sugli angoli, Abbiati è stato reattivo e decisivo dall’inizio alla fine senza distrazioni intermedie, Gattuso ha cementato la trincea mediana, l’equilibrio tanto invocato insomma c’è stato. Segno che la macchina, qui intesa come squadra, ha risposto ai comandi del pilota, qui inteso come Allegri. Il quale si è sentito tradito, con qualche buon motivo, dal comportamento di Sky: durante la telecronaca uno degli inviati a bordo panchina ha riferito della colorita osservazione soffiata all’orecchio di Tassotti, il suo vice, («stiamo giocando col c…»), con la conseguenza di ritrovarsela stampata su qualche giornale il giorno dopo. In altri spogliatoi, l’espressione avrebbe potuto provocare qualche incrinatura nei rapporti. Allegri e l’ufficio-stampa del Milan hanno protestato formalmente con la direzione di Sky ricevendo a stretto giro di telefonata le scuse dell’emittente.
Adesso il Milan deve passare alla fase due della missione complicata affidata alla nuova gestione. Su Ibra può contare a occhi chiusi, il gruppo non ha un deficit fisico, nemmeno tattico come ha ripetuto più volte Allegri ma deve migliorare la fattura del gioco oltre che il suo rendimento, cestinando la fastidiosa sensazione di sentirsi perseguitato da un pizzico di sfortuna (la traversa colpita nel finale da Zambrotta, il gol subito da Floccari con Abate, fermato da crampi e a terra senza intenerire nessuno dei rivali e neanche l’arbitro). Perché, prima della sosta, scadenza entro la quale potrà recuperare al meglio Ambrosini, Pato e Robinho, ha davanti un trittico da brividi: domani sera il Genoa, martedì l’Ajax ad Amsterdam e sabato prossimo 2 ottobre il viaggio a Parma che nel precedente torneo rappresentò un punto di svolta negativo dopo il mancato sorpasso sull’Inter di Mourinho. Nell’attesa del ritorno dell’altra freccia all’arco di Allegri (Pato) e del miglioramento fisico di Robinho, al Milan è venuto il momento di interrogarsi sul contributo alla causa da parte di Ronaldinho, rimasto chiuso nella sua minuscola enclave, la famosa mattonella, senza riuscire ad apparecchiare uno solo dei suoi cross che costituiscono il rifornimento essenziale per l’attacco. Questo contro la Lazio. Identico lo score di Cesena.


Ai tempi di Leonardo, per ammissione dell’ex milanista oggi a caccia di un nuovo impiego, bastava un «ehi!» per chiedere e ottenere da Ronaldinho un ritorno ai suoi consueti livelli. Non è dato sapere quale sarà l’espressione usata da Allegri, magari un moccolo toscano, ma forse è il caso di farsi sentire dal brasiliano che finora è rimasto ai margini del Milan e della sua misera classifica.

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