Almeno giocate per lo stipendio...

Vabbè... siamo senza parole. Perché tornare ai bei tempi in cui hai l'impressione che a chi sta in campo quasi non gli va di giocare non fa proprio un bell'effetto.
Sì, sarà pur vero che qualche occasione buona ce l'abbiamo avuta anche noi, ma davvero è arrivato il momento di fare una riflessione. Perché a inizio campionato s'è vista una Lazio e ormai da qualche settimana se ne vede un'altra. Svogliata e depressa, fatto salvo Zarate (e con un po' meno di costanza Rocchi) che pare quasi giochi da solo. Una situazione al limite del paradosso, con una difesa che pare quella di una squadretta amatoriale della promozione, non tanto in quanto a tecnica ma soprattutto sul piano della convinzione e della determinazione. E, detto da tifoso e non certo da tecnico, è questa la cosa più grave.
Per capirci, uno può pure non essere un fenomeno ma - Gattuso insegna - se ti ci metti alla fine qualche risultato lo porti a casa.

Ora, capisco che il paragone è azzardato, che Gattuso ha vinto mondiali, Champions League, intercontinentali e quant'altro, ma se qui non ci si mette in tesa che almeno la domenica bisogna lavorare - non dico per la maglia, ma almeno per lo stipendio - più che alla Champions League sarebbe il caso di dare un occhio alla zona retrocessione. Che piano piano s'avvicina pure quella.

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