nostro inviato a Monza
La McLaren asserragliata nel proprio mastodontico motorhome. La Ferrari in officina a riparare di corsa quel che restava della macchina di Raikkonen dopo il botto del mattino. Il presidente Montezemolo a far la spola tra l’hospitality della Rossa e quella di Briatore ma, soprattutto, il successivo - e conseguente – mini vertice nel suo carrozzone con Mansour Ojjeh, socio di Ron Dennis, probabilmente mediatore per conto del team e, forse, della Mercedes stessa. Il tutto, presenti anche il patron del Circus Bernie Ecclestone e, ovviamente, Jean Todt. Quasi si trattasse di un summit per sbrogliare l’ingarbugliata matassa della spy story Ferrari-McLaren. Si vedrà.
Questo mentre erano da poco stati consegnati dalla procura di Modena gli avvisi di garanzia al vertice McLaren, patron Ron Dennis in testa, e mentre le truppe anglo tedesche ancora gioivano e quelle maranelliane penavano. Merito o colpa – dipende dai punti di vista - della pole finita in mano ad Alonso davvero strepitoso (sette km più veloce di Hamilton nella sola parabolica, roba da pelo sullo stomaco), merito o colpa di prodigio Lewis comunque accanto a lui in prima fila, e merito o colpa delle Ferrari davvero lontane: terzo Massa a mezzo secondo e quinto Raikkonen con il mal di collo e imbottito di antidolorifici cadeau del grande botto del mattino. Variante Ascari, toccata di freno, piccolo dosso e Ferrari impazzita contro guard rail e gomme a 200 all’ora. Illeso e colpevole sarà il verdetto del box. E lui confermerà: «Nulla è perduto, però sono rimasto spiazzato dallo spostamento della macchina: pensavo mi partisse via verso sinistra e invece è andata a destra... non c’è stato nulla da fare».
Fatto sta, in attesa di giudici e verdetti e matasse da sbrogliare, l’ordine di scuderia, in casa McLaren, è uno e uno soltanto: «Dobbiamo sbancare Monza». Lo ha detto Dennis mentre spiegava «che in molti vorrebbero le mie dimissioni ma io le darei solo per il bene del team, ma al momento non è così...»; lo ha ribadito Alonso «perché questa è casa Ferrari e perché per me i cinque Gp che restano sono tutti delle finali da vincere. Perché – conclude - ciò che succede fuori non conta nulla, non deve contare. Io devo vincere questa gara. Devo partire bene e transitare alla prima curva in testa». Il campione spagnolo non le manda a dire e non si nasconde.
Mentre il mondo che corre continua a vociferare di lui alla Renault, di Montezemolo addirittura in visita a Briatore anche per strappargli lo spagnolo dato di ritorno tra le braccia del manager italiano, mentre accade tutto questo succede persino qualcosa di strano: tra Fernando ed Hamilton sembra quasi scoppiare una specie di pace verbale. «Certo – dice Lewis rispondendo, incredibile, anche a nome di Alonso – io cerco di lasciare fuori dai miei pensieri tutta la vicenda legata alla spy story, così mi focalizzo solo sul mio lavoro, ma è innegabile che siamo preoccupati. Siamo un team che ama combattere le battaglie in pista e invece, sfortunatamente, qualsiasi cosa accadrà la prossima settimana (a Parigi, durante il processo presso il Consiglio Fia, ndr) potrà colpire non solo la squadra, ma anche me e Fernando».
E Massa? Felipe limita i danni e lascia un po’ di speranza al popolo di rosso vestito: «Credo che il terzo posto fosse il massimo che potevamo ottenere – confessa –.
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