Un’altra grana per Bush: si dimette il capo della Cia

Annuncio a sorpresa di Porter Goss: forse si sentiva «oscurato» dal capo della Sicurezza, John Negroponte

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

«La Cia va a gonfie vele». Lo ha detto il suo capo, Porter Goss, e ha annunciato di dimettersi. «Ha fatto un ottimo lavoro». Lo ha detto il presidente Bush nell’accogliere le dimissioni. Né l’uno né l’altro hanno spiegato il perché, cosicché la partenza di Goss è diventata, almeno per qualche ora, qualcosa di simile a un giallo e comunque un gesto che conferma a che profondità l’Amministrazione sta scavando se stessa nell’urgenza avvertita di cambiare qualcosa, non soltanto il volto, se vuole riprendere quota di fronte alla costante caduta della sua popolarità e nella fiducia del popolo americano.
Quando il capo ufficio stampa della Casa Bianca, McClennan (egli stesso un «epurato» in attesa di passare le consegne), ha avvertito che era imminente un annuncio presidenziale, si è pensato così, inizialmente, a un nuovo «cambio della guardia» nello staff di Bush. Invece il pesce era più grosso e il presidente si è presentato assieme a Porter Goss per un annuncio senza dettagli, senza date, senza motivi se non generici e senza che si sia fatto il nome del successore. Goss dirigeva la Cia da due anni. Era stato nominato da Bush a prendere il posto di George Tenet, che aveva retto la carica per sette anni, compresi quelli burrascosi e controversi della «guerra al terrore» e che non era mai stato realmente sulla medesima lunghezza d’onda di Bush.
Goss godeva invece della sua piena fiducia, anche perché non era un funzionario di carriera ma veniva dalla vita politica, dalla militanza nel Partito repubblicano e nella sua ala più conservatrice, congeniale alle vedute del presidente. Gli fu dato l’incarico di condurre la riforma della Cia, una misura annunciata per quietare le acque delle polemiche su eventuali errori e mancanze del controspionaggio Usa nel non prevenire l’attacco dei terroristi alle Torri Gemelle nel 2001. «Goss ha guidato la Cia con abilità», ha detto Bush nell’incontro di addio. Ma subito dopo ha sottolineato che il suo compito era stato «di transizione, dedicato ad aiutare la Cia a integrarsi nella comunità di intelligence. Goss ha sviluppato un piano quinquennale al fine di rendere questo Paese più sicuro e di vincere la guerra al terrore». Goss ha replicato senza schermirsi: «Le cose vanno bene e sono onestamente convinto che abbiamo fatto drammatici progressi». Poi, rivolto a Bush: «E onestamente posso dirLe che grazie ai nostri sforzi siamo più sicuri di prima».
C’è un’ombra di polemica nelle sue parole? Non è escluso nel momento in cui la scarsità di particolari dà via libera alle «voci». Molto autorevole è quella di Stansfield Turner, ex capo della Cia, che sostiene che Goss se ne è andato per protesta visto che, a seguito della riorganizzazione dei «servizi», egli era stato messo da parte nei contatti quotidiani con Bush dal capo del nuovo organismo di sicurezza, John Negroponte. Questa spiegazione (Goss si sarebbe sentito messo da parte) è condivisa da un altro autorevole esperto, Robert Barr, che è stato un agente della Cia prima di passare alla politica e di essere eletto al Congresso con un ruolo di rilievo nell’ala conservatrice del Partito repubblicano.

«C’è dietro qualcosa di più che della gelosia di mestiere - ha detto Barr -: le dimissioni di Goss sono un colpo devastante, un sintomo di più del continuo deterioramento organizzativo dell’intelligence nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno che mai».

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