Altra strage a Orlando Sotto accusa le armi libere

Miami Mentre l’America era ancora sconvolta dalla strage commessa da un ufficiale di origine araba in una caserma del Texas un’altra assurda sparatoria ha sconvolto una città degli Stati Uniti, provocando un tragico bilancio: la morte di una persona e il ferimento di altre cinque. Un uomo di origine ispanica è entrato armato al Gateway Center, un edificio di 16 piani per uffici nella zona centrale di Orlando, in Florida. Salito al dodicesimo piano, l’uomo ha aperto il fuoco con un fucile, poi è fuggito.
L’assassino è in un primo tempo riuscito a darsi alla macchia, ancora armato, a bordo di un fuoristrada, nonostante la zona della sparatoria fosse stata rapidamente transennata. Subito è partita una classica caccia all’uomo in stile poliziesco americano, con decine di mezzi lanciati a tutta velocità a sirene spiegate.
Sembra che il quarantenne Jason Rodriguez, questo il nome del presunto killer, sia un ex impiegato che lavorava in un ufficio del Gateway Center: il movente della violenta sparatoria andrebbe dunque ricercato in qualche rancore personale legato al suo passato lavorativo. La fuga di Rodriguez è durata un’ora in tutto: si era rifugiato nella casa della madre, ma è stato ugualmente catturato dalle forze speciali lanciate alle sue calcagna.
La tragedia di Orlando non fa che fornire argomenti a quanti da tempo in America sostengono la pericolosità delle leggi che permettono facilmente l’acquisto di armi da fuoco ai privati cittadini. Una facilità che viene spiegata con le tradizioni di un Paese nato «sulla frontiera» e abituato ai suoi inizi a vivere in situazioni ai confini della legalità.

Oggigiorno, però, è più difficile giustificare la presenza nelle case degli americani di milioni di pistole e fucili. Soprattutto quando, in casi come questo, si dimostra che troppo spesso a farne uso sono persone che rappresentano un pericolo per sé e per gli altri.

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