Altro che «bacio» al Colosseo: i due gay a giudizio per atti osceni

Sorpresi l’estate scorsa dai carabinieri a far sesso e denunciati. La sinistra, ministri in testa, era insorta gridando alla discriminazione. Processo a febbraio

Altro che «bacio» al Colosseo: i due gay a giudizio per atti osceni

da Roma

Solo un romantico bacio all’ombra del Colosseo o un rapporto orale consumato in pubblico? La Procura di Roma ha dato credito alla versione dei carabinieri, che il 27 luglio di un anno fa avevano denunciato due giovani gay, beccati dalla pattuglia proprio durante un contatto molto intimo. La coppia, Michele F. di 36 anni e Roberto L., 28, infatti è stata citata direttamente in giudizio dal pm Pietro Pollidori e dovrà presentarsi davanti al giudice monocratico il 24 febbraio.
Tra le tante denunce per atti osceni in luogo pubblico questa aveva avuto l’onore di finire in prima pagina su tutti i giornali perché la coppia denunciata, in quanto gay, era assurta a simbolo della discriminazione nei confronti degli omosessuali e la denuncia era stata seguita da un lungo corollario di manifestazioni da parte delle associazioni gay e dichiarazioni di fuoco di autorevoli esponenti del governo, allora presieduto da Romano Prodi.
Perché tanto scalpore? La coppia aveva sempre rivendicato la propria innocenza: solo un pudico bacio dopo una serata passata insieme prima di lasciarsi. Un inequivocabile rapporto orale invece per i carabinieri che quella sera li sorpresero e li identificarono. Subito il circolo Mario Mieli, l’Arcigay e altre associazioni organizzarono manifestazioni di solidarietà, accusando le forze dell’ordine di aver preso di mira la coppia in quanto omosessuale. Accusa ovviamente respinta dai militari: «Li avremmo denunciati per atti osceni - spiegarono - anche se fossero stati un uomo e una donna». Venne inscenato anche un simbolico bacio collettivo, kiss in, presso il Colosseo.
Ma che le associazioni omosessuali protestassero è piuttosto scontato e anche naturale. Assai meno appropriati invece erano apparsi i commenti di fuoco dei ministri del governo Prodi, che concessero credito illimitato alla versione dei due giovani ma neppure il beneficio del dubbio ai carabinieri, trattando la testimonianza dei militari come carta straccia. Inutile da parte dei militari rivendicare il loro dovere di denunciare la violazione dell’articolo 527 del codice penale a prescindere si trovassero di fronte una coppia eterosessuale o omosessuale.
Livia Turco, allora ministro della Salute, invitò tutti a «chiedere scusa a questi due ragazzi»; Rosy Bindi, ministro della Famiglia, criticò l’episodio come «un eccesso di zelo da parte delle forze dell’ordine». Barbara Pollastrini, ministro per le Pari Opportunità, denunciò un «clima omofobico», annunciando pure il lancio di una campagna contro ogni forma di discriminazione.
Adesso toccherà al giudice stabilire se si trattò di un innocente bacio o di sesso orale. Il legale della coppia, Daniele Stoppello insiste sull’infondatezza delle accuse e spiega che i suoi assistiti si aspettavano l’archiviazione del caso.

«Avevamo chiesto l’acquisizione dei filmati effettuati la notte della denuncia dalle telecamere posizionate vicino la scalinata d’accesso al Colosseo - spiega il legale di Arcigay -. Ma secondo la pubblica accusa l’acquisizione della videoregistrazione è attività complessa dall’esito incerto e non proporzionata all’oggetto del procedimento».

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