Altro che bavaglio: la sinistra detta legge con le radio anti Silvio

Tutti lì, con il telecomando in mano, a urlare all’attentato alla libertà di informazione, al pensiero unico mediatico e alla censura delle voci non allineate. Che c’è, c’è tutto, ma - sorpresa delle sorprese - almeno in radio è esattamente opposto a quello contro cui ci si accalora in questi giorni: trovare una mosca, non dico nera, ma almeno bianca, in mezzo alle mosche rosse, in onde medie o in modulazione di frequenza, è un’impresa.
Non si tratta di un problema minore o periferico. Numeri alla mano, per qualsiasi italiano è molto più facile imbattersi in cinque minuti di radio, piuttosto che in cinque minuti di televisioni. Fossero anche quelli del tragitto fra casa e il lavoro. E, in questi cinque minuti medi, trovare un programma, non dico di centrodestra, ma almeno non di sinistra, è un’impresa ardua.
Per due motivi principali: il primo è che la radio italiana è fatta soprattutto di intrattenimento, di cazzeggio sui giornali della mattina, di pissi pissi sulle notizie ritenute più divertenti su cui ironizzare. E, ovviamente, è più divertente e facile ironizzare sul «lettone di Putin» e sulle belle ragazze piuttosto che sulla rissa verbale fra i franceschiniani e i bersaniani.
Quindi, un po’ di antiberlusconismo o quantomeno di satira a senso unico anche nei programmi neutri è abbastanza normale. Quello che è meno normale è che, invece, reti pubbliche e private siano egemonizzate da presenze di sinistra. A partire dalla proprietà: Carlo De Benedetti, ad esempio, controlla tre reti (il triplo della Mondadori che ha R101): radio Capital, m2o, ma soprattutto Radio Deejay, la corazzata delle private, che ha la sua corazzata dei palinsesti in Deejay chiama Italia di Linus e Nicola Savino. Programma che sicuramente è molto divertente e programma che altrettanto sicuramente non è il prototipo del filoberlusconismo.
Ma, se la radio debenedettiana è per definizione molto repubblicana, nel senso di Repubblica come casa madre, anche altrove non è che l’aria cambi. E non mi riferisco solo a Radio Radicale, che significa ore e ore di Marco Pannella in voce ogni giorno, con quel che ne consegue, visto che Pannella oggi non è certo iscrivibile fra gli amici del premier. E nemmeno a Radio Città futura (non a caso scelta dal segretario del sindacato dei giornalisti Fnsi per lanciare il suo appello alla mobilitazione), a Radio popolare e alle 22 reti del network delle radio di sinistra, spesso antagoniste e chiaramente non filoberlusconiane: chi va lì sa cosa sceglie e sa cosa ascolta. Così come Radio 24, lo dice il numero stesso, è la radio del Sole 24 ore: quindi confindustriale, quindi tutto quello che sta nell’essere confindustriale oggi.
Ma, per l’appunto, le sorprese stanno altrove. Radio 105, una delle più apprezzate dall’universo giovanile, grazie soprattutto allo Zoo, che è politicamente non schierato, se non con l’antipolitica, nel programma 105 friends di Tony e Ross, schierava Beatrice Borromeo. Che ribadiva coerentemente i suoi concetti espressi chez Santoro, senza peraltro abbinare ai concetti il grandissimo fascino con cui bucava il video.
Ma la prova provata - qualcosa che funziona meglio della prova del nove a scuola - dell’assoluta mancanza di colonizzazione del centrodestra nell’informazione radiofonica è Radiorai. Luogo dell’etere dove chi usa i bilancini della par condicio viene immediatamente etichettato come filoberlusconiano. E chi fa politica unilaterale come super partes. Testimonianza vivente di tutto ciò è Bruno Socillo, capo della radiofonia Rai, che, quando dirigeva Radiouno, veniva attaccato dai comitati di redazione tre volte al giorno, prima e dopo i pasti. Quando gli è subentrato un professionista di area centrosinistra come Antonio Caprarica, il cdr è apparso meno spesso di Mina in televisione.
Così capita che la rassegna stampa più ascoltata, Prima pagina di Radiotre, alterni sì le voci settimanalmente, ma che le voci alternate (alcune delle quali al secondo o terzo giro, dimostrando se non altro una non grandissima fantasia), siano più spesso di centrosinistra che di centrodestra. O, almeno, lascino quest’impressione.
Radiouno, può contare su una serie di bastioni moderati: dal Comunicattivo di Igor Righetti, a Radiocity di Stefano Mensurati a Zapping di Aldo Forbice, a qualche altra isola non di sinistra. Ma, contemporaneamente, Ho perso il trend di Bassignano ed Ezio Luzzi non è certo un covo di fans del Cav., Ultime da Babele di Giorgio Dell’Arti non risparmia fendenti a nessuno e, fino a poche settimane fa, persino le domande delle interviste ai cantanti di Village e Radiouno musica avevano sfumature rosso carminio.
Radiodue, poi, riesce a coniugare intrattenimento e battute su Berlusconi sparse un po’ ovunque: dal Black-out di Enrico Vaime, al Ruggito del Coniglio a Caterpillar. Anche dove non te lo aspetteresti: Sumo, trasmissione che parla di cultura, ha ospiti che spesso e volentieri vengono da un certo mondo, da certi salotti, da certe idee, spesso con i soliti compagnucci della parrocchietta.

E anche la trasmissione-evento dell’estate, Un giorno da pecora, condotta da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro, ha dato botte di qua e di là. Ma più di qua che di là.
E così, per avere la prova provata di una radio egemonizzata dal berlusconismo, non resta che accendere Radio Maria. Ma solo perché lì parlano di visioni.

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