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Altro che collaborazione, nei due partiti è già l’ora del tutti contro tutti

I repubblicani divisi in due correnti cercano un vero leader. I democratici indeboliti dalla sconfitta sono a caccia del colpevole

Altro che collaborazione, nei due partiti è già l’ora del tutti contro tutti

Washington Contati i voti, fioccano le polemiche bipartisan. Se i democratici sono in cattive acque ed accusano la Casa Bianca di non aver saputo gestire i cambiamenti di rotta, i repubblicani hanno il problema di dover decidere quale linea seguire in vista delle elezioni presidenziali del 2012.
Il movimento del Tea Party, che ha portato seggi alla Camera e al Senato e poltrone da governatore, sarebbe un potente alleato per le presidenziali del 2012. Il grosso problema però è la leader, Sarah Palin, in cui si identificano gli elettori dell'America profonda ma non gli intellettuali del partito. Anche se il Tea Party porta voti, il repubblicano in giacca e cravatta ha in mente altri candidati per il 2012: Mitt Romney, Mike Huckabee, Rudy Giuliani, l'intramontabile Newt Gingrich ed ovviamente Jeb Bush. Scherzando sui risultati di martedì un ex funzionario della Casa Bianca ha detto: «Fra qualche settimana vedremo il Potomac tingersi di rosso e si tratterà di sangue sia repubblicano che democratico».
In casa democratica infatti i moderati accusano i leader del partito di essere stati ciechi e sordi ai messaggi della base scontenta dei cambiamenti voluti da Obama. Il ramo radicale accusa i moderati d'aver fatto un’opposizione che ha causato ritardi e concesso compromessi di cui non c'era bisogno. I politici democratici puntano il dito contro la crisi ed i nemici del partito. Tutti insieme sono in rivolta contro la Casa Bianca. Nella conferenza stampa “della sconfitta“, Obama ha detto di sentirsi male ma non ha spiegato come intende riparare se non chiedendo ai repubblicani di collaborare. Il presidente, a detta dei critici sembra «non aver capito la lezione», perché ha difeso a spada tratta la linea di condotta che gli ha fatto perdere le elezioni. Nei corridoi del potere ieri si parlava già di una vittima: Timothy Geithner, il ministro del Tesoro, primo capro espiatorio dell'economia a rotoli.
«Le elezioni di martedì - ha detto a Politico.com Neera Tandem, del Center for American Progress - sono state un voto di mancanza di fiducia. Obama deve proporre una rotta che crei nuovi posti di lavoro. Deve spiegare che questa è una priorità, così si capisce che il posto di lavoro dell’americano medio è importante quanto quello del presidente».
Mercoledì mattina, mentre molti repubblicani smaltivano l' effetto dei festeggiamenti, il nuovo speaker della camera John Boehner si è messo al lavoro per definire l'agenda repubblicana. Boehner ha ricordato che la vittoria del Gop ha molto più a che fare con ciò a cui l' americano medio è contrario, piuttosto che con ciò che il partito repubblicano ha proposto.
«È chiaro come il sole - ha detto Boehner - che l' agenda Obama-Pelosi è stata bocciata. Sarà nostro compito proporre un governo meno costoso». Boehner non dimentica infatti le proposte di tagli drastici alle spese federali di un suo predecessore, Newt Gingrich, che nel 1994, diventato speaker della camera dopo la disfatta di mid term di Bill Clinton, causarono la rivolta dell'elettorato che due anni dopo rielesse Clinton per il secondo mandato.
Ora i repubblicani aspettano la convocazione di Obama per vedere cosa intende per «lavorare insieme». Sarebbe però ingenuo dimenticare il vero obiettivo repubblicano: quello di ristrutturare o addirittura abrogare la legge sulla riforma sanitaria.

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