Madrid, New York, Roma. Arriviamo sempre ultimi ma arriviamo. E prima di andarcene passano vent’anni o quaranta. Nella moda tout court siamo i numeri uno, ma nella moda culturale (si fa per dire) facciamo pena, tardiamo ad adottarla e anche a dismetterla. Il Sessantotto ci colse impreparati. Poi però ci attrezzammo, e non abbiamo ancora smesso di cavalcarlo. Adesso ci siamo innamorati degli indignados e chissà quando ce ne sbarazzeremo. Tutte le generazioni vogliono cambiare il mondo perché si illudono di averlo capito; in realtà, non capiscono nulla, tant’è vero che non riescono a cambiare nemmeno se stesse.
Quello dei giovani è sempre stato un falso problema che si risolve lasciandoli invecchiare. Lentamente, col trascorrere degli anni, la presunzione cede il posto non alla saggezza, che non è di questo mondo rimbambito, ma al cinismo. Prediche inutili. Ieri la capitale, che ne ha subite di tutti i colori e ha fatto della pazienza la sua unica arma di difesa, è stata costretta a sopportare un altro corteo (con annesso conflitto bestiale), quello degli indignati, appunto.Nulla di nuovo sotto il sole dell’ottobrata romana: migliaia di giovani e di ex giovani, incapaci di rassegnarsi alla legge dell’artrite e dell’aterosclerosi, hanno riproposto il solito spettacolo brutale, i soliti slogan frusti, le solite scene agghiaccianti. Una manifestazione con la muffa, un replay senza inventiva, all’insegna della mancanza di idee e della profusione di violenze.
Il pretesto della marcia è stato offerto a buon mercato dalla politica marginale che rumina da mesi luoghi comuni logori: meno banche e più scuole, fottiamocene del debito pubblico, non paghiamolo e che sia finita; massì, uccidiamo anche i padroni, case gratis per tutti, basta società per azioni e più assistenza sociale. Dimenticavo: Berlusconi ha rotto i coglioni, che fa anche rima. Gli indignados de noantri con uno sforzo di fantasia si sono perfino ribattezzati «draghi ribelli». Che siano ribelli non v’è dubbio: hanno spaccato tutto. A chi e a che cosa si ribellino è invece un mistero. Per urlare urlano, e infatti hanno urlato.
Di sicuro sono incazzati: forse perché sono nati e, come tutti gli esseri umani, hanno scoperto l’infelicità esistenziale. Sta di fatto che menano di brutto. Pretendono di campare meglio? Questa è un’aspirazione che accomuna tutti i viventi. Ma gli indignados vorrebbero che fosse lo Stato a provvedere alle loro esigenze. Delinquenti e allocchi. Ignorano che la politica al massimo può gestire i servizi, bene o male; può forse ridistribuire la ricchezza, ma non crearla. A ciò devono pensare i cittadini, maturi o giovani che siano. Come? Lavorando, benedetti ragazzi senz’arte né parte! Producendo, inventando, dandosi da fare.
Altro che intrupparsi nel gregge dei draghi acefali e picchiatori e andare in giro per la città eterna sfogando i più bassi istinti distruttivi, incendiando automobili, fracassando le vetrinedei negozi e perfino irrompendo in un supermercato per imitare i padri che si resero famosi con gli espropri proletari, salvo poi ambire all’iscrizione al Rotary e a un posto in Rai, da dove, ben remunerati, sfottere e insultare il governo. Già. Ragazzi, fateci caso. Nella professione emerge soltanto chi si impegna, chi si attrezza, chi si specializza, chi studia seriamente e seriamente affronta il primo, il secondo e il terzo impiego.
Chi, invece, suppone che lo stipendio sia un diritto come la pensione, resterà sempre, se gli va di lusso, un mantenuto, un profittatore, un parassita. E sfogherà le proprie frustrazioni dando fuoco ai cassonetti dell’immondizia, sventolando bandiere rosse, lanciando bombe, prendendo a bastonate chiunque abbia in tasca qualcosa in più del salario medio. Siamo noi, cari ribelli, a indignarci nel vedervi attivi soltanto quando si tratta di fare la guerriglia e apatici e rinunciatari quando si tratta di lavorare. Vi conosciamo. Abbiamo notato da tempo quanto siete inetti. A Milano vi siete segnalati per alcune operazioni da galera: rovesciare vernice, scrivere idiozie su muri privati, fomentare disordini. Ieri a Roma vi siete rivelati completamente: criminali.
D’accordo,vi piace sfasciare tutto ciò che è a portata di mano? Risarcite i danni, imparate a essere civili prima d’insegnare ad altri ciò che voi stessi non sapete. Certamente, siete fortunati. Perché nessuno vi torce un capello, quando invece meritereste di assaggiare il manganello e la sbobba della prigione. Ringraziate l’Italia anziché tentare di ribaltarla: qui siete protetti,coccolati,polizia e carabinieri hanno ricevuto l’ordine dall’alto di non intralciare le vostre bravate, le razzie, gli assalti sanguinari; la magistratura vi tollera e vi riserva mille riguardi, mai una condanna, un buffetto e via, così potete rientrare sereni nell’attico di papà e farvi rimboccare le coperte da mammà, senza mai pagare dazio.
Ringraziate il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che non vi ha preso a calci in bocca perché lui stesso temeva e teme di prenderne
dall’opposizione che vi strumentalizza, appoggia e incita. E non venite a raccontarci che non siete responsabili dei disastri, che è tutta colpa degli infiltrati provocatori. I provocatori siete voi. E anche farabutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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