«Alziamo subito i controlli al 10 per cento»

Ferruccio Fazio, sottosegretario al Welfare, indica i criteri da adottare: «Premiamo le realtà dal volto umano. I fondi? Al privato d’eccellenza»

da Roma

Quanto è accaduto nella clinica Santa Rita getta un’ombra su tutto il sistema di accreditamento nella sanità. Professor Ferruccio Fazio, oltre ad essere sottosegretario al Welfare, conosce bene questa realtà in cui opera da anni. Esiste un problema di degenerazione dell’attuale assetto e di degrado dell’etica medica?
«Io mi auguro che si tratti di un fenomeno isolato. Altrimenti sarò il primo ad emigrare all’estero. L’umanizzazione della professione medica è sempre stata la mia priorità e credo ci sia un problema di moralizzazione generale».
Che cosa non ha funzionato?
«La vicenda di Milano apre una serie di interrogativi ai quali occorre dare immediate risposte. Vanno subito incrementati i controlli che saliranno dall’attuale 2 per cento al 10. Poi pensiamo di affiancare i controlli “a campione“ ad altri sistematici su tutte le cartelle cliniche relative alle prestazioni ad alto rischio di inappropriatezza».
Quali prestazioni giudica più a rischio?
«Le faccio un esempio. Se ad una semplice diagnosi di ipertensione essenziale (pressione alta ndr) segue un ricovero direi che c’è da chiedersi subito se tale ricovero sia appropriato».
I criteri di accreditamento vanno rivisti?
«Sono tre gli aspetti sui quali puntare per alzare il livello della selezione e del controllo. L’assessment tecnologico, (strumenti, attrezzature, farmaci e procedure ndr); le dimensioni dell’attività, ovvero il numero di pazienti e di interventi effettuati. Infine il funzionamento della struttura, che deve caratterizzarsi come virtuoso. Un ambulatorio aperto soltanto la mattina e che fornisce un numero di prestazioni limitate non è virtuoso. Si deve tendere a ridurre la microsanità».
Il rischio non è proprio quello di seguire un criterio quantitativo?
«Il punto è un altro. Io sono assolutamente contrario all’idea che la sanità possa o ancor peggio debba essere un modo per fare soldi. Questo cozza con i miei principi. Detto questo esiste una sanità pubblica virtuosa ed una cattiva. Esiste un buon privato ed un pessimo privato. Non generalizziamo».
Molti però hanno messo sotto accusa proprio il sistema dei drg (Diagnosis Related Groups, ovvero raggruppamenti omogenei di diagnosi) perché ridurrebbe l’atto clinico ad un fatto economico.
«Cambiare sistema non è uno scherzo e comunque anche altri sistemi, ad esempio il cosiddetto piè di lista, presentano problemi enormi. Per me si può intervenire anche in altri modi».
Pensa all’agenzia di controllo?
«All’agenzia credo fino ad un certo punto. Stiamo valutando se sia il caso di istituire un’agenzia tipo joint commission. Ma vogliamo semplificare, riducendo le commissioni che fanno riferimento all’ex ministero della Salute e che sono arrivate 50. Credo molto invece nell’informatizzazione di tutto il sistema. Un piccolo gruppo di esperti ci sta già lavorando ed entro un anno potremmo avere la cartella clinica informatizzata. Dobbiamo creare una rete territoriale di informazioni che va dal medico di famiglia all’ospedale. Il punto cruciale è quello della trasparenza nelle procedure e dell’informazione piena su tutto il processo cui ha diritto il paziente. Questo coprirebbe dai rischi di frode molto più di un’agenzia».
Le priorità per la salute pubblica?
«L’abbattimento delle liste di attesa. Non di tutte ma almeno delle urgenze. Se si deve fare una mammografia di controllo è un conto se invece è necessaria per una diagnosi urgente si deve aprire un canale preferenziale.

Pensiamo di consentire lo splafonamento delle liste d’attesa o potenziando il pubblico o aprendo a strutture private accreditate. Strutture che vanno dotate di una sorta di bollino d’oro che certifichi un livello di accreditamento più severo. Abbiamo già calcolato un costo di 300 milioni di euro all’anno per due anni».

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