Amanda Knox dal carcere: "Voglio vivere, ridatemi la libertà"

Condannata in primo grado a 26 anni per l'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, parla di sé dalla sua cella del carcere di Perugia e sogna di ricevere un solo regalo: "La libertà". Anticipate le sue confidenze in un libro-diario. E dice: "La mia ingenuità ha creato solo confusione"

Amanda Knox dal carcere: 
"Voglio vivere, 
ridatemi la libertà"

Roma - Mi manca la mia famiglia. Ho degli amici che sono come fratelli e sorelle, ma.. io…io voglio vivere. Non è che qui non si possa vivere, ma non è quello che pensi di poter raccontare". Amanda Knox, condannata in primo grado a 26 anni di reclusione per l'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, parla di sé dalla sua cella del carcere di Perugia e sogna di ricevere un solo regalo: "La libertà. Tutte le cose della vita non sono le stesse - dice - senza la cosa più importante". Le confidenze della ragazza americana, con rarissimi riferimenti al caso giudiziario che la riguarda, sono nel libro - tuttora in stampa e del quale l'ANSA ha potuto prendere visione - di cui è autore Rocco Girlanda, deputato e presidente della Fondazione Italia Usa, "Io vengo con te - Colloqui in carcere con Amada Knox", un diario dei numerosi colloqui che l'autore ha avuto con lei "dietro le sbarre".

"Quando tutto sara' finito - dice Amanda - voglio andare dalla mia famiglia, che mi manca tanto, ma poi voglio tornare in Italia, perché qui sono stata bene". E aggiunge: "Io non ce l'ho in alcun modo con l'Italia, ci sono tantissime persone in Italia che mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Io ce l'ho con la condanna che ho avuto". La ragazza americana dice di ricevere in carcere lettere da tutto il mondo, in cui si alternano sentimenti positivi verso di lei e giudizi sprezzanti. "Da una parte - scrive Amanda ai dirigenti della Fondazione Italia Usa, che le hanno fatto avere in carcere oltre 200 libri ed un computer - mi sento grata che ci sono così tanti che si interessano, perché non voglio essere chiusa tutta la vita per niente, dimenticata come se non valessi nulla: non voglio che le ingiustizie facili vengano ammesse. Allo stesso tempo non voglio essere strumentalizzata in messaggi d'odio". "Io lo so che non sono sola anche quando sono sola", afferma Amanda, citando una canzone di Jovanotti. Nel libro Amanda, in capitoli diversi, parla a lungo con Girlanda - sempre accompagnato nei colloqui con la ragazza da Corrado Maria Daclon, fondatore e segretario generale della Fondazione Italia Usa - del suo passato, del suo arrivo in Italia, dei suoi sogni per il futuro, lasciando intendere, senza mai dirlo esplicitamente, che la sua speranza è di tornare presto libera.

"Da bambina - racconta Amanda - ero un 'tomboy', un maschiaccio". La madre le diede un'indicazione di vita che si sforza di mettere in pratica: "la sola cosa che desidero quando tu sarai adulta - le disse - è che tu sia gentile. Non mi importa se sarai bella o se sarai intelligente, voglio che tu sia gentile". Tra i ricordi dell'adolescenza, le sfilata da modella per i progetti artistici di una sua amica. "Sono arrivata in Italia nel settembre del 2007", racconta Amanda, per partecipare a un corso per scrittore creativo a Roma. Mia madre ha sempre avuto una grande ammirazione per l'Italia, ed io l'ho appresa da lei. Ho visto pochissimo quando sono arrivata in Italia.Avevo visto di più quando avevo 14 anni e ero venuta in viaggio con i miei genitori. Mi era piaciuta molto Pompei, avevo studiato Pompei e quindi potevo dire di conoscere quello che vedevo". Pochi mesi dopo l'arrivo in Italia, a Perugia l'impatto con il carcere: "Vivere in carcere è molto particolare. Mi considero una persona abbastanza trasparente, ma qui ci si deve un po' chiudere in se stessi perché altrimenti…. Qui ci sono moltissime persone che soffrono. Vivere qui dentro è come un limbo, poiché ovviamente non si vuole essere qui: si vive un po' tra le memorie di come era la vita prima, fra le speranze che si vogliono per il domani, e provando il più possibile a non sentirsi qui. E' così strano quello che si prova". "Io - racconta ancora Amanda - leggo tanto e studio lingue perché voglio fare l'interprete, però mi interessa anche la scrittura creativa.. Durante il giorno vado fuori a camminare, scrivo, ricevo le lettere. Le altre detenute mi dicono: 'sei famosa…'. Io rispondo: mica sono Angelina Jolie. Che brutta cosa essere famosa per quel che mi è capitato. Sarebbe stato meglio esserlo per qualcosa che ho scritto, che ho realizzato".

Una situazione difficile - spiega - "in cui non sono soltanto io che vengo schiacciata. Spesso mi trovo in grande difficoltà, in quanto, ad esempio, i miei genitori vengono attaccati solo perché dicono come io sono realmente". I programmi per il futuro - Amanda non lo dice, ma lo lascia intendere - sono legati ad un rapido ritorno in libertà. La ragazza vorrebbe subito tornare dalla sua famiglia negli Usa, e poi pensare a realizzare i suoi sogni: interprete o scrittrice, il matrimonio e il desiderio di adottare un bambino.

So che non sono stata sempre comprensibile e che a lungo mi sono

fatta guidare da una troppo ostinata ingenuità che ha causato confusione": è quanto scrive Amanda Knox in risposta ad una lettera dell'ex Direttore dell'ANSA Giampiero Gramaglia sul processo concluso in primo grado 

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