Lussemburgo- Il ministro dell'Interno Giuliano Amato critica fortemente l'uso delle intercettazioni telefoniche nella battaglia politica. "Sono una follia tutta italiana", dichiara con estrema durezza il responsabile del Viminale. "È evidente che tutto questo mi lascia perplesso, ed uso una parola tenue. In passato ne ho usate di forti per esprimermi su questa follia tutta italiana": lo ha detto il ministro degli Interni rispondendo a una domanda sulla vicenda intercettazioni. Parlando in una pausa dei lavori del Consiglio Ue Giustizia e Interni, Amato ha aggiunto che la "follia tutta italiana" è che "qualunque cosa venga detta al telefono, se tocca incidentalmente un processo, esce. Quale che sia la sua rilevanza. È chiaro che il sistema non funziona". Amato ha aggiunto che "non è possibile che dalle sedi giudiziarie esca tutta questa roba, non abbiamo trovato ancora il modo di affrontare il problema".
Di Pietro: "Il problema è morale" "Ancora una volta la soluzione che si profila è all’italiana: maggioranza e opposizione ogni volta che si tratta di giustizia fanno in modo che non se ne parli e che quindi i giornalisti non possano più comunicare il fatto". Così il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, torna sul ddl intercettazioni, ribadendo che il suo partito voterà contro il testo del provvedimento così come predisposto. In totale contrapposizione con il ministro Amato. Per il leader Idv ed ex pm "il vero problema non è pubblicare o meno le intercettazioni. È invece commettere o non commettere fatti di commistione tra la politica e affari. Per questo noi dell’Idv voteremo contro qualsiasi provvedimento che impedisca ai giornalisti di fare il loro lavoro". Quanto alla vicenda Unipol che coinvolge alcuni dirigenti dei Ds, Di Pietro spiega: 2Non vi è dubbio che sul piano tecnico-penale non vi sia nulla di penalmente rilevante e ai Ds va tutta la mia solidarietà. Il problema è di tipo etico-morale ed è quello della comunanza di interessi tra il mondo delle cooperative e il mondo politico.
La questione dunque - conclude Di Pietro - va risolta a monte: chi fa politica non può farla nell’interesse di corporazioni e lobby, ma deve farla nell’interesse di tutti e ci deve essere una sanzione politica, come rimettere il proprio mandato, qualora ci sia un conflitto di interessi".