«America, cambia pelle se vuoi salvarti»

Il viaggio di Barack Obama nel cuore di tenebra della disoccupazione continua: dopo aver fatto tappa la settimana scorsa a Raleigh, nel North Carolina, ieri il presidente era a Elkhart, nell’Indiana, dove è a spasso il 17% della popolazione, quasi l’8% in più rispetto alla già poco esaltante media nazionale. Nonostante la partita per la riforma della sanità sia resa complicata non solo dai forti interessi economici in gioco ma anche dal pollice verso mostrato nei sondaggi da oltre la metà degli americani, Obama non rinuncia dunque a tastare sul campo gli umori della parte del Paese più flagellata da quella che «è stata - sue parole di ieri - più di una crisi economica».
Senza il rilancio occupazionale non può esserci del resto ripresa. E senza recovery, l’indice di gradimento del successore di Bush è fatalmente destinato a scendere al di sotto dell’attuale 54%. Domani arriverà il verdetto sui posti di lavoro persi in luglio, e non dovrebbe essere benevolo: secondo le stime, i posti persi dovrebbero essere 328mila, con un tasso di disoccupazione al 9,6%, ai massimi da 26 anni. Un’analisi dell’Adp diffusa ieri mostra comunque un tamponamento dell’emorragia occupazionale: 371mila posti bruciati il mese scorso nel solo settore privato, contro i 463mila di giugno, la minor contrazione da nove mesi. E un’indagine di Challenger, Gray&Christams sui licenziamenti programmati dalle aziende indica un calo, per il secondo mese consecutivo, del 5,7%, a quota 97.737.
Insomma, il mercato del lavoro Usa resta di difficile interpretazione nonostante il rallentamento della crisi. Complice l’effetto-traino sul manifatturiero del programma cash for clunkers, il piano di incentivi alla rottamazione auto grazie al quale il Pil potrebbe ricevere una spinta di mezzo punto nel terzo trimestre, gli analisti stanno rivedendo al rialzo le stime sul 2009. Proprio ieri sera Goldman Sachs ha portato le previsioni di crescita per la seconda metà dell’anno dall’1% al 3%. Ubs attende ora un’espansione del 2,5% nel terzo trimestre e del 3% nel quarto (+2% e +2,5%, rispettivamente, in base alle precedenti previsioni), mentre Wells Fargo mette in conto un +3% nel terzo trimestre e un +2% per i tre mesi successivi (contro i precedenti +2,2% e +1,6%).
La sensazione è quella di un Paese in cui l’industria si sta, seppur faticosamente, rimettendo in moto (+0,4% gli ordini in giugno, dopo l’incoraggiante dato sull’Ism manifatturiero di qualche giorno fa), ma nel quale stenta ancora quello dei servizi, come confermato ieri dalla discesa a 46,4 punti dell’Ism di settore. Obama ha invitato ieri l’America «a trasformare le idee in invenzioni e le invenzioni in industrie», richiamando la necessità di «usare l’innovazione per salvare l’economia».

Non a caso il presidente ha annunciato contributi federali per 2,4 miliardi di dollari alla costruzione e allo sviluppo di una nuova generazione di veicoli elettrici, di cui lo Stato dell’Indiana sarà il secondo maggior beneficiario.
Quanto all’Europa, oggi il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, farà il punto sullo stato della recessione senza comunque rimettere le mani sui tassi, fermi all’1% da tre mesi.

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