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Le amiche nemiche divise solo da una porta

L'antiabortista e la paladina dei medici non obiettori lavorano fianco a fianco. Con un obiettivo...

Le amiche nemiche divise solo da una porta

Amiche nemiche. Una è contro l'aborto, l'altra è sempre stata in prima linea perché l'aborto fosse un diritto. Paola Bonzi, fondatrice del Centro di aiuto alla Vita di Milano, e Alessandra Kustermann, direttrice del pronto soccorso di ostetricia e ginecologia alla clinica milanese Mangiagalli, hanno interpretato la legge 194 da due punti di vista diametralmente opposti. Ma sono riuscite a trovare un punto d'incontro. E paradossalmente collaborano. Dolcissima (ma grintosa) la prima, grintosissima (ma dolce) la seconda. La paladina della vita a tutti i costi e la regina dei medici non obiettori.

Hanno lo studio a pochi metri di distanza: aprire l'una o l'altra porta vuol dire seguire un iter del tutto diverso. Da una parte si chiede aiuto per diventare mamme, dall'altra ci si libera di una gravidanza non desiderata. Né in un caso né nell'altro si viene giudicate, ma semplicemente aiutate a esercitare un diritto. Ed è proprio questo il punto in cui il lavoro dell'anti abortista e dell'abortista si accavalla in un obbiettivo comune: garantire la libertà di scelta delle donne. «Abortire per motivi economici non è libertà di scelta, lo dice anche la legge 194» è lapidaria la Kustermann, che da oltre trent'anni pratica interruzioni di gravidanza. «Non faccio certificati di interruzione senza un colloquio con la donna o la ragazza che viene in clinica. Voglio capire i motivi per cui ha deciso di abortire, in modo molto serio ma senza giudizi. Voglio che abbia chiaro che io sono disponibile ma prima chiedo di valutare, se possibile, le alternative. Il diritto all'aborto si può esercitare se si è consapevoli». E così in tanti casi, anziché firmare il certificato per l'interruzione volontaria di gravidanza, la dottoressa abortista si trova ad alzare il telefono e a chiedere una consulenza del Centro aiuto alla vita. «Vi mando una persona per un colloquio».

Qualche porta più in là, le donne a un passo dall'aborto trovano Paola Bonzi. Leva '43, insegnante e formatrice, ha perso la vista all'età di 23 anni, quando la sua bambina aveva pochi mesi di vita. Ma questo non le impedisce di vedere - molto meglio di tanti altri - nell'anima delle donne che riceve. Ne coglie l'inflessione della voce. Capisce quando quel «voglio abortire» è reale o no. Le bastano poche parole per capire se ha di fronte quella che, nel giro di pochi mesi, potrebbe diventare una brava mamma. Anche lei la pensa come l'amica Kustermann: «Il mio cuore non tollera che una donna possa abortire per difficoltà economiche». E rilancia: «Piuttosto vado io a fare l'elemosina al posto suo, ma la voglio aiutare». Con questa forza nell'anima, Paola Bonzi è riuscita a promettere pacchi di Pampers e copertine anche quando i magazzini del Centro erano del tutto vuoti e non c'era un euro in cassa. «Una soluzione si trova sempre» è sempre fiduciosa. Le due amiche-nemiche hanno un altro fattore in comune. Entrambe sono state tentate dalla politica, ovviamente in aree differenti.

Entrambe hanno lasciato perdere.

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