È in diverse cose una battistrada, Mara Carfagna. È stata la prima a fare pubblicamente arrabbiare Veronica Lario per le galanterie che le riservava il Cavalier Silvio Berlusconi. È l'unica soubrette che sia diventata ministro di un governo della Repubblica. E ora, stando alle indiscrezioni, sarà il solo ministro a memoria d'uomo che, essendo in carica, si dimette per traslocare in un altro partito. Non è invece la prima donna che prossima alle nozze- fissate in primavera con l'immobiliarista Marco Mezzaroma- coltivi in contemporanea un'amicizia con un collega di lavoro. Nessuno dubita infatti che dietro le fibrillazioni di Mara ci sia lo zampino fascinoso di Italo Bocchino, il pasdaran finiano. La prima volta che ho incontrato la bella Carfagna, appena eletta deputato nel 2006, è stato nella sede di Forza Italia. Era attorniata da un gruppo di maschi corteggianti. Pareva un'ape regina in un convegno di fuchi al cui centro c'era già Bocchino. Lei, con una gonna dorata a macchie di leopardo, era un'esordiente timorosa dell'intervista che stavo per farle. Fu Italo a darle coraggio dicendo: «Tranquilla, Mara. Con te, Perna sarà buonissimo. Diventerà cattivello solo quando comincerà a scrivere».
Mara gli sorrise grata della vicinanza, io li cacciai tutti dalla stanza e cominciammo a parlare tra noi. La prima cosa che mi disse fu: «Berlusconi è il leader, forte e carismatico del mio partito. È lui che ci dà la speranza». Sono passati quattro anni da allora e tutto pare ormai dissolto. La stretta amicizia o forse addirittura il flirt con Italo- non è stato mai appurato- sono stati molto chiacchierati. E hanno messo Mara in difficoltà. Non tanto per ragioni moralistiche ma perché hanno creato grattacapi politici. I due, entrambi campani, hanno capeggiato la fronda alla linea ufficiale del partito locale che dura ormai dall'inizio della legislatura. Hanno combattuto il coordinatore, Nicola Cosentino, silurandone la candidatura alla presidenza della Regione in favore di Stefano Caldoro. Hanno anche messo i bastoni tra le ruote al presidente pdl della Provincia, Edmondo Cirielli. Insomma, hanno seminato zizzania nei loro feudi con unità d'intenti. Solo quest'estate, con l'affaire Montecarlo, la loro complicità è apparsa in crisi.
Bocchino l'ha accusata di non avere difeso Elisabetta Tulliani coinvolta nella faccenda dell'appartamento monegasco. «Un ministro dei diritti (Mara com'è noto, dirige le Pari opportunità, ndr ) non può tacere quando i giornali si muovono con un solo fine: massacrare una donna che ha la sola colpa di essersi innamorata dell'uomo che ha puntato il dito contro Berlusconi »,disse il romantico Bocchino.E aggiunse: «Ormai con Mara abbiamo poco da dirci. Lei ha preso una strada, io un'altra».L'ex soubrette,piccata, replicò annunciando le sue nozze. Eravamo rimasti lì, quando invece, nei giorni scorsi, Mara e Italo si sono fatti rivedere insieme in fitto colloquio come ai vecchi tempi. Indignata per l'intelligenza tra un ministro e uno dei più fieri avversari del Cav, Alessandra Mussolini li ha fotografati col telefonino e ha spedito l'immagine a mezzo Pdl. Poi, peperina com'è, si è rivolta a Mara e le ha urlato: «Vergogna». L'altra si è inacidita e ora sembra che voglia mollare baracca e burattini per seguire il suo Italo nell'avventura finiana.
Carfagna ha spesso fatto discutere. Figlia di un preside e un'insegnante, Mara ha sempre avuto la vocazione della ragazza pon pon. Nonostante una laurea in Legge a pieni voti presa a Salerno, la sua città, il futuro ministro ha trascorso l'infanzia guardando la tv. Lo faceva seduta sulle ginocchia della nonna. «Appena vedevo un varietà- ha raccontato- scivolavo giù e cominciavo a ballare, scimmiottando le soubrette ». Poi si è diplomata in danza classica e fatto dieci anni di pianoforte al Conservatorio. A 22 anni è arrivata sesta a Miss Italia, conquistando il titolo di Miss Cinema. Ha aperto una scuola di danza ed è apparsa in tv per reclamizzarla. Ha lavorato con Frizzi, Mengacci e Magalli. Finché le è venuto l'uzzolo per la politica. Tra coloro che le hanno dato una mano per la nuova carriera, lo stesso Cosentino di cui poi è stata la killer.
Ha conosciuto Sandro Bondi che, vedendola, moltiplicava i rossori cui è sempre soggetto di fronte a una bella donna. Universalmente famosa è diventata un giorno che il Cav le ha messo gli occhi addosso sospirando: «Se non fossi già sposato, la sposerei».La plateale galanteria suscitò l'ira della signora Lario che spedì una gelida lettera aperta al marito attraverso Repubblica , costringendolo a scusarsi pubblicamente e a regalarle una parure di diamanti per rabbonirla. Mara, a suo dire, ci rimase male. «Io sono timida. Non mi piace attirare l'attenzione», bisbigliò. Fu però la sua fortuna. Suscitò le ire degli invidiosi, le pie donne del Pdl in testa - quelle che gli regalano sciarpette contro il freddo e preparano tisane per distenderlo - ed ebbe contro metà partito. Il Berlusca, divertito per la buriana, decise di accelerare i tempi e la nominò ministro. Poi, col sottinteso «qui comando io», la propose addirittura come portavoce del governo.
La reazione negativa di ministri e sottosegretari fu corale e costrinse il premier a soprassedere. Cominciò un periodo di fermenti intestini per bloccare l'astro nascente. Mara fu sommersa di pettegolezzi. La davano per amante del premier, descrivendola come la Taide dei suoi sollazzi. Quando Carfagna si oppose ai Dico, il deputato-trans, Wladimir Luxuria, disse: «Dice di difendere la famiglia e intanto ne sta sfasciando una, quella di Berlusconi». Si parlò di una telefonata registrata tra i due, dai contenuti vietati ai minori di sessant'anni. I due Guzzanti, padre e figlia, fecero il resto. Paolo, deputato del Pdl, coniò il termine di «mignottocrazia» per descrivere il berlusconismo. Sabrina mimò gesti e piaceri della presunta alcova. Mara, apparentemente, fece spallucce.
In realtà, fu ferita dalla mole degli attacchi. In lei, ebbe inizio un cambiamento i cui motivi non sono stati chiariti. Agli albori del suo mandato alle Pari Opportunità, Carfagna difese la famiglia tradizionale, mettendosi in urto con gli omosex. Rifiutò il patrocinio al Gay Pride e disse: «Non c'è ragione che lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali che sono sterili. Per volersi bene, il requisito fondamentale è potere procreare ». Una posizione bella bacchettona, in linea con la Chiesa alla quale affermò di essersi ispirata. La solita Luxuria le dette della seguace del Nazismo che internava gli omosessuali «come sociosabotatori perché non in grado di riprodursi».
Cecchi Paone e i paoniani del centrodestra le dettero addosso. Mara mantenne l'atteggiamento per un annetto. Poi, improvvisamente, fu vista in Transatlantico sempre più spesso in tête-à-tête con Luxuria e Paola Concia, gay dichiarata. Dal sito del ministero scomparvero, senza spiegazioni, le allusioni omofobe. Finché, nella primavera di quest'anno, il ministro chiese scusa per le passate dichiarazioni. Evoluzione? Crisi di coscienza? Non era dato saperlo.
Solo oggi, alla luce del presunto abbandono del berlusconismo, si può ipotizzare il«cherchez l'homme».Ossia, l'influsso di Italo Bocchino. Il segno tangibile del passaggio di Mara dalla scuola meschina del Cav ai larghi orizzonti della Destra moderna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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