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Amore, silenzio, rabbia Il funerale di Angela è lo specchio di Genova

«Ognuno di noi si assuma le proprie responsabilità, remote e recenti. Ognuno si renda conto di quanto sia opportuno e importante compiere bene il proprio dovere. Prendiamo insegnamento da questa morte. Queste morti, che non potranno mai essere cancellate o dimenticate, diventino per noi motivo di riflessione». Le parole di padre Francesco Lia rimbombano nella chiesa di Santa Margherita, a Marassi, affollata da centinaia di genovesi che si sono fermati per salutare Angela Chiaromonte, una delle sei vittime di via Fereggiano. Le parole del sacerdote rimbombano anche su Paolo Pissarello, il vice sindaco presente, pur se un po’defilato, ai funerali in rappresentanza di un’amministrazione comunale sotto accusa.
«Ognuno di noi», dice Padre Francesco. A sottolineare che le colpe ci sono, e probabilmente sono molteplici. Colpe che stridono ancor più di fronte all’atto di eroismo, «di generosità, di maternità» che ha spinto Angela Chiaromonte verso la morte. «Si è spenta sapendo che il figlio Domenico era in salvo», ha sussurrato il parroco. E ancor più commoventi sono state proprio le parole di Domenico, il figlio che era andata a prendere a scuola: «Mia madre è stata un eroe perché è morta per salvare me. Era una persona fantastica. Tutti e quattro eravamo una squadra. Lo saremo ancora». Un lungo applauso. E padre Francesco che non lascia cadere nel vuoto queste parole: «Quando ci siamo visti sabato sera mi avete detto che in quattro eravate una potenza - regala un pensiero di speranza il sacerdote -. Continuerete ad essere in quattro, ad essere una potenza perché la mamma non vi abbandonerà mai. La mamma sarà ancora accanto a voi, vi dirà di studiare di più, di comportarvi bene, sarà lì la sera a darvi il bacio della buona notte. Mi piace vedere questa morte come un atto estremo di generosità che continuerà a crescere e a orientarci a quei valori eterni che nessuno potrà strapparci».
Valori che, se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi, aveva pensato a esaltare poco prima anche Stefano, il figlio maggiore. Diciotto anni appena. Il ragazzo, davanti alla bara della mamma, ha pensato a «ringraziare gli amici e tutti coloro che ci stanno dando una mano».
Vicino al papà, Bernardo Sanfilippo, c’erano i colleghi della polizia penitenziaria di Marassi, come il cappellano del carcere che ha concelebrato le esequie. C’erano i compagni di scuola dei ragazzi, gli amici del calcio. Ma anche tanti ragazzi col fango sugli stivali e sui vestiti, tanti volontari che hanno interrotto per un momento il loro prezioso lavoro per stare accanto alle vittime di questa alluvione. La folla di persone ha riempito la chiesa, ma anche il piccolo sagrato. Una folla composta che ha voluto far sentire la propria presenza.

Perché i funerali di Angela Chiaromonti, la prima vittima per la quale sono state celebrate le esequie, hanno rappresentato tutto quello che prova adesso la città. Sofferenza, altruismo, forza d’animo, coraggio, amore e rabbia. E una domanda, lasciata cadere dal pulpito da padre Francesco: «Perché? Il nostro quartiere fa fatica a capire».

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