Amplifon, cresce la presenza sui mercati

Amplifon, cresce la presenza sui mercati

«Il nostro segreto? Continuare a investire in formazione (fra il 3 e il 4% dei ricavi, ndr), marketing, sistemi informatici, migliorando così il presidio del nostro business; aprendo nuovi negozi, rafforzando il posizionamento e la nostra presenza geografica nei mercati con più alto potenziale, e ponendo le basi per una crescita futura ancora più solida». Franco Moscetti, amministratore delegato di Amplifon, leader mondiale nella distribuzione di apparecchi acustici, nonché nel loro adattamento e personalizzazione alle esigenze dei pazienti ipoacusici, commenta con soddisfazione i dati dei primi nove mesi. «Risultati - aggiunge il manager - che confermano l’aspettativa di proseguire nel trend di crescita e di miglioramento della redditività». Da gennaio a settembre la multinazionale (3.500 negozi, 450 dei quali in Italia, distribuiti in 18 Paesi, tra cui Australia, Nuova Zelanda e Libia) ha ottenuto un risultato netto di 20,3 milioni (+30,9% rispetto ai 15,5 milioni al 30 settembre 2010). Il risultato operativo si attesta invece a 58,4 milioni, con un incremento del 53,1%, mentre il patrimonio netto ammonta a 342,1 milioni.
Amplifon, che nel mondo vanta una quota di mercato del 9%, «rappresenta un’eccellenza del made in Italy del servizio - spiega Moscetti - entrando in diretto contatto con il singolo paziente, allo scopo di interpretare al meglio le esigenze legate al suo problema». Forte della joint venture con Siemens, preposta alla produzione delle sofisticate apparecchiature, il gruppo opera a stretto contatto con università e clinici, e forma direttamente il proprio personale. Il costo dei sofisticati apparecchi, sempre più invisibili, varia da un minimo di 700 a un massimo di 3.500-4mila euro, a seconda della complessità del software.
I danni all’udito sono sempre in agguato.

«I giovani in particolare - conclude in proposito Moscetti - devono prestare attenzione all’uso di auricolari e al volume della musica in discoteca. E lo stesso vale, in generale, per l’inquinamento acustico, collegato allo sviluppo economico dei vari Paesi».

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