Anarchici, una scia porta a Roma. E il Leonka si smarca (non troppo)

LA CITTÀ DEGLI ESTREMISTI Le indagini e la politica. Passamontagna e scontrini di sabato nelle case degli autonomi perquisiti Il centro sociale più antico prende le distanze ma non rinnega le violenze. Pisapia contro l'Ambrogino all'ex terrorista D'Elia

Anarchici, una scia porta a Roma. E il Leonka si smarca (non troppo)

Non solo fionde e spray urticante, come sembrava in un primo momento: nelle case dei sei anarchici perquisiti lunedì, polizia e carabinieri hanno trovato anche manganelli telescopici, pistole scacciacani, passamontagna, bulloni e soprattutto scontrini battuti a Roma il 15 ottobre. Giorno della violenza scatenata da un migliaio di teppisti proveniente da vari centri sociali italiani. Violenza da cui ora prende le distanze il «Leonka», padre spirituale di tutta l’area antagonista milanese. Forse segno di un progressivo imborghesimento o più probabilmente della necessità di rifarsi una verginità in vista di una sanatoria della loro storica occupazione di via Watteau.
E si che di incidenti i «Leoncavallini» ne hanno animati parecchi negli ultimi 25 anni. Tanto che il loro capo spirituale Daniele Farina ha rimediato un paio di condanne. Scontri molto violenti come quelli che hanno devastato la capitale la settimana scorsa, con identiche modalità: volti coperti, uso di pietre, bastoni, fionde, biglie, e molotov. Più o meno lo stesso armamentario trovato a casa dei sei anarchici della «Bottiglieria» il gruppo più violento e incontrollabile dell’intera area antagonista milanese. Appunto fionde e bulloni, micidiali dalla lunga distanza, manganelli telescopici e spray urticante, efficaci nel corpo a coro, ma anche passamontagna e pistole scacciacani. Ma la detenzione di questo materiale non è reato. Come non è reato farsi trovare con scontrini e ricevute datati Roma 15 ottobre. Ragion per cui nessun provvedimento è stato possibile contro questi apprendisti «rivoluzionari».
Da cui come detto ha preso tutte le distanze possibili il «Leonka», centro sociale creato nel 1975, occupando uno stabile in via Leoncavallo, da cui prese il nome. Il centro fu sgomberato un prima volta 16 agosto 1989, determinando violenti scontri. In quel periodo inizia la leadership di Daniele Farina, che rimediò due condanne per scontri avvenuti nel 1985 e nel 1991. Epici furono poi gli incidenti creati dai Leoncavallini nel 1994 sia a gennaio che in settembre. Fino all’occupazione dell’attuale sede di via Watteau di proprietà dei Cabassi che ora potrebbe essere sanata. Anche perché il Leonka si è parecchio ingentilito in questi anni, a parte gli scontri di via Valtellina nel novembre del 2000 quando la sinistra radicale cercò di impedire un convengo dell’estrema destra. Finì con 17 arresti, 8 denunce, 20 agenti feriti.
Da allora Farina è diventato onorevole, in quota a Rifondazione comunista, e sta cercando di ottenere l’affitto dell’edificio a un prezzo politico, grazie alla mediazione del Comune. E quindi le botte di Roma danneggiano la causa.

«Le prime vittime di questi comportamenti siamo noi e quei soggetti che come noi praticano la politica dal basso, attraverso le mobilitazioni di piazza e il dialogo con la società civile» afferma il Loenka in un comunicato che definisce gli autori dei disordini «persone assolutamente esterne al dibattito» che hanno trasformato un «grande momento di lotta e rivendicazione in uno schiaffo alla città». Pittigrilli commenterebbe: «Si nasce incendiari e si finisce pompieri». Quando conviene.

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