Franco Ordine
nostro inviato da Udine
È il giorno della verità di Carlo Ancelotti, l’imputato numero uno secondo i profeti del senno di poi e gli umori incontrollati del popolo rossonero. La sua fortuna è una sola: la testa della società è lontana dalla pancia (la piazza), non ne risulta mai contagiata, perciò può resistere per tutto il prossimo anno con la scimmia sulla spalla della notte di Istanbul. La verità di Ancelotti non è una e trina ma divisa in dieci capitoli, Carlo non tradisce mai un disorientamento, solo un velo di tristezza nello sguardo mitigata da una grande serenità che è la forza straordinaria dell’uomo. È l’ultima volta che Ancelotti parla di Istanbul e degli incubi milanisti prima di chiudere il sipario e di preparare la riscossa. E così la riassumiamo in viaggio verso Udine dove si nota la presenza del fratellino di Kakà nel gruppo e molte rinunce (Stam, Maldini, Cafu, Sheva, Ambrosini, Costacurta, Tomasson e Rui Costa) tra squalifiche, crisi nervose (Sheva) e acciacchi fisici inevitabili.
Ancelotti uno, la riscossa promessa. «Ci rifaremo, ne sono sicuro. Sul campo il Milan non è stato inferiore a nessuno, dalla sconfitta trarremo le motivazioni per puntare a Parigi 2006. Il destino ci ha tolto qualcosa, il destino qualcosa ci restituirà. Alla squadra non ho niente da rimproverare, ha giocato per un tempo, il primo, il più bel tempo di tutta la stagione». Ancelotti due, la conferma solenne. «I miei contatti con altre società sono invenzioni, noiose invenzioni, non vorrei più affrontare l’argomento. Nessun altra società mi ha cercato e mi sta cercando, io non voglio andar via. La società con me e con la squadra è stata splendida». Ancelotti tre, la smentita feroce. «Mi sorprende che si dia credito a pettegolezzi inglesi e non invece a quel che dice il capitano Paolo Maldini, esempio di lealtà. Spero che questa storia delle feste all’intervallo finiscano subito perché rappresentano un falso. Lo sostiene anche Benitez, il loro allenatore. Tra l’altro, chi studiasse la planimetria dello stadio turco scoprirebbe che i due spogliatoi sono distanti 70-80 metri. All’intervallo ho detto testualmente: “Ragazzi attenti, gli inglesi non mollano”».
D’accordo. E il resto? Era impossibile fermare quel moto ondoso del Liverpool? Ancelotti quattro, i rimorsi inutili. «Non c’è stato il tempo per intervenire, per far scaldare qualcuno, e cambiare, fermare il gioco. C’è stato un black-out perchè prima e poi, il Milan è tornato in partita e a comandare il gioco. Altre volte la squadra, a La Coruña per esempio, è partita male e ha finito peggio, qui no». Ancelotti cinque, la critica disarmata. «Non ho notato critiche feroci, personali, se ci sono state non le ho lette, la società mi è molto vicina, i tifosi che ho incontrato io mi hanno incoraggiato. Le mosse di Benitez sono state importanti ma oltre quei sei minuti non hanno inciso». Ancelotti sei, e i particolari inediti. «Non dobbiamo attaccarci all’arbitro, dobbiamo conservare l’immagine positiva non protestando. Mi hanno raccontato che non si è accorto del fuorigioco sul secondo gol inglese anche perchè il bip dell’assistente non funzionava. E avete visto Kakà? Si tira su il calzettone mentre loro stanno battendo a rete». Ancelotti sette dedicato a Dida e Inzaghi. «Pippo sa benissimo perchè l’ho tenuto fuori. In effetti il brasiliano è stato strepitoso fino a metà aprile, non penso sia dipeso dal bengala con l’Inter, semmai ha avuto una stanchezza psicologica». Ancelotti otto e i migliori d’Europa. «Abbiamo avuto la difesa più forte d’Europa, per sette turni di Champions league non ha preso gol consentendoci di arrivare in finale. Lo sarà anche nella prossima stagione. Il ciclo cominciato a Manchester non è finito».
Ancelotti nove e quel tarlo maledetto. «Dimenticare Istanbul è impossibile, è inutile anche provarci, così come era impossibile cambiare qualcosa ai rigori. I ragazzi avevano nella testa un tarlo e quel tarlo li ha condizionati dal dischetto». Ancelotti dieci e il mercato. «È già tutto fatto. Vogel è il primo, altri verranno, non ci saranno grandi cambiamenti.
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