Cronache

Anche Castelletto si colora di blu

Paola Setti

La razionalizzazione del sistema sanitario come la rivoluzione culturale, il percorso di revisione dell’offerta sanitaria, dei costi e del personale come la lunga marcia, e insomma Claudio Burlando come Mao Tse-Tung, «con la speranza di ottenere lo stesso successo» ironizza il presidente della Regione, e la drammatica certezza che «i risultati li vedremo solo fra almeno tre anni».
In verità il primo passo non aiuta a ben sperare, il disavanzo per il 2006 minaccia di pesare con 324 milioni di euro e la Regione per il momento ha in previsione di risparmiarne soltanto 11 dal taglio di 389 posti letto per acuti, 148 dei quali verranno trasformati in posti per riabilitazione. Ieri la giunta ha approvato la delibera messa a punto dall’assessore alla Sanità Claudio Montaldo, che martedì prossimo arriverà in consiglio regionale. La tabella del giorno precedente parlava di un taglio di 394 posti letti e di un risparmio di 11 milioni e mezzo, ieri i posti letto tagliati erano scesi a 389 e il risparmio a 11 milioni e 100, ma quel che conta, segnala Burlando, è dare un occhio a quel che succederà, si spera, entro fine 2007, quando i posti letto in meno dovranno essere poco meno di un migliaio, il 12 per cento su un totale di 7027, dei quali 552 già eliminati, con un risparmio, anche qui trattasi di sperare, di circa 20 milioni.
Non è molto ancora ma, ecco, dice il presidente della Regione che l’altra sua speranza è riuscire a «mettere in atto una decina di azioni per risparmiare 150 milioni di euro all’anno», là dove le «azioni» sono, per esempio, «una gestione molto più accorta del personale», il controllo della spesa farmaceutica ospedaliera, che dovrebbe portare una decina di milioni di euro, l’accordo con le farmacie che dovrebbe fruttarne altri 5 o 6. Una cifra analoga dovrebbe arrivare poi dal «risparmio sulla mobilità passiva» grazie all’incremento della riabilitazione, per la quale oggi il 36 per cento dei liguri sceglie la Lombardia, il Piemonte, la Toscana e l’Emilia Romagna, i cui posti dovrebbero passare dagli attuali 487, lo 0,31 per mille, allo 0,9 per mille con l’aggiunta di altri 348 posti, su uno standard dell’uno per mille. Un problema da non sottovalutare, quello delle fughe, non fosse altro che è cronico: nel 2006 la Regione ancora sta pagando quelle del 2003, 19 milioni di euro che son già lievitati a 22 nel 2004, che la Regione dovrà pagare l’anno prossimo. Del resto, sottolinea Montaldo che è in generale, che la situazione è drammatica. Per risanare il buno nero dei conti della sanità, dice Montaldo che «bisognerebbe chiudere l’ospedale San martino, o l’intera Asl 3». Non potebndolo fare, non resta che riorganizzarsi passo per passo, anche se c’è chi in maggioranza sostiene che i passi siano stati finora fin troppo timidi.
Come che sia, da una parte Burlando, reduce da una di quelle riunioni romane con il governo e tutte le Regioni che, dice, «sembrano suq arabi in cui ognuno contratta», lancia un messaggio chiaro al governo: «Si mettano in testa che ci devono dare più fondi oppure autorizzarci a non fornire più servizi». Per ora, da Roma arriveranno 10 milioni di euro dal fondo sanitario nazionale, che quest’anno è stato dotato di 300 milioni in più rispetto ai 500 stanziati dall’esecutivo precedente. Dall’altra parte, la Regione ha fatto perentoriamente sapere ad Asl e ospedali che per il 2006 dovranno riuscire a presentare gli stessi bilanci del 2005, non un euro di disavanzo in più, e che nel 2007 dovranno riuscire a risparmiare. Il tutto con gli stessi finanziamenti per il 2006 che la Regione diede nel 2005, come dire: stringete la cinghia.
La ripartizione del fondo sanitario regionale è stata approvata ieri dalla giunta insieme al piano tagli: si tratta di 19 milioni in tutto, 10 per l’incremento di posti di riabilitazione, 9 per la residenzialità di anziani e disabili, con la creazione di 500 nuovi posti di residenzialità, 125 riabilitativi e 365 di mantenimento e nuove attività ambulatoriali per riabilitazione. La filosofia, spiega Burlando, è spostare offerta di servizi e risorse dagli ospedali ai presidi ambulatoriali sul territorio. Del resto, aggiunge Montaldo che a Roma la Liguria è sempre «fortemente contestata» dalle altre Regioni per la «ridondanza dei nostri ospedali», che 27 paion troppi. Così, ne scompariranno totalmente quattro: quelli di Busalla e Levanto diventeranno strutture di continuità assistenziale, la Colletta di Arenzano sarà trasformato in un polo multidisciplinare riabilitativo, il Celesia ospiterà riabilitazione e cure specialistiche. Entro il 2008 saranno aperti i nuovi ospedali di Rapallo e Albenga: «Alcune strutture che sorgono in quegli ambiti chiuderanno, come Santa Margherita e il vecchio ospedale di Albenga, altre saranno razionalizzate» ha detto Montaldo. Nasceranno invece un nuovo blocco chirurgico al San Martino, il nuovo l’ospedale nel ponente genovese e, se il governo finanzierà l’edilizia sanitaria, l’ospedale della Spezia già a calendario. Di certo, avverte il presidente, nulla verrà costruito che non siano i soldi pubblici a finanziare: «Ciò che è in moto si onori, ma io non firmerò contratti capestro di project financing, perché sono relativamente giovane e non mi va di lasciare eredità scomode a qualcuno». L'assessore ha anche annunciato che a breve partiranno quattro gare per l’acquisto di materiali in comune tra le aziende liguri: strisce per diabetici, mezzi di contrasto per la radiologia, suturatrici e smaltimento dei rifiuti. E anche il personale, dovrà «fare sistema». Il blocco del turn over significherà 500 persone in meno all’anno fra tecnici, infermieri, medice e amministrativi. La nuova politica sarà spostare il personale dai reparti con esuberi a quelli con carenze, e di accorpare alcuni servizi, riutilizzando in altri ruoli le nità che si liberano. Così per esempio, oggi il Santa Corona, la Asl 1 e la Asl 2 fanno insieme la gestione informatica del personale, domani le stesse persone dovranno dare il servizio ad altre 12 aziende. La rivoluzione è cominciata. Dove porterà la marcia non è dato sapere. Dice Burlando che «in questo problema ci sono più incognite che variabili».

Aggiunge che una sola cosa si sa per certa: «Ci saranno discussioni molto accese».

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