Anche Catanzaro indaga sul Pm di Prodi

De Magistris nel mirino della sua stessa Procura, a caccia di prove sulla violazione del segreto. E spuntano altri nomi eccellenti

nostro inviato a Catanzaro

Fuoco incrociato su Luigi de Magistris, il pm che ha indagato Romano Prodi, intercettato il ministro Clemente Mastella, spulciato nei tabulati telefonici del vicepremier Francesco Rutelli. Dopo l’ispezione in Procura degli 007 del Guardasigilli, adesso è lo stesso ufficio giudiziario catanzarese a puntare il fucile su quest’esuberante collega sospettato di far volantinaggio di atti coperti dal segreto istruttorio per guadagnarsi la fiducia dei media nelle sue complicate inchieste su mafia, affari, politica e massoneria. L’ultimo affondo è datato lunedì mattina con l’invasiva perquisizione ad Anna Chiara Spagnuolo, cronista del Quotidiano della Calabria, giornale da sempre assai bene informato su tutto ciò che ruota intorno ai procedimenti penali di un pm che fino a ieri era «solo» nel mirino del Csm, del ministero della Giustizia, della procura di Salerno. Se ufficialmente la procura calabrese non s’interessa direttamente a Luigi de Magistris (in caso contrario, per competenza, dovrebbe trasmettere gli atti a Salerno) ufficiosamente lo fa eccome, andando a cercare tracce - cartacee o informatiche - comprovanti la scientifica violazione del segreto istruttorio delle sue indagini. Che non riguardano solo la «Why not?» dove Prodi risulta indagato e Mastella intercettato, bensì altre inchieste celebri, quali la «Poseidone» e quella denominata «Toghe lucane».
Il magistrato che ha disposto la perquisizione alla giornalista del Quotidiano per la fuga di notizie sul «Poseidone» è il pm Salvatore Curcio, subentrato nella medesima inchiesta a de Magistris dopo l’avocazione dell’inchiesta da parte del procuratore capo. Dei verbali della «Poseidone», finiti anzitempo in edicola, si sta occupando anche l’inchiesta di Salerno avviata su input del parlamentare di Forza Italia, Giancarlo Pittelli. Che così attacca il pm de Magistris in un suo esposto: «È notorio in tutti gli ambienti giudiziari calabresi che costui è affidatario, tra gli altri, del procedimento denominato Poseidone, qui fin dall’avvio dell’inchiesta ha iniziato una vera e propria campagna stampa al fine di conseguire il consenso popolare e il sostegno pubblico rispetto a iniziative clamorose (perquisizioni, sequestri e quant’altro) tutte prontamente annullate dall’organo giurisdizionale poiché ritenute completamente destituite di fondamento. Tutto ciò - concludeva Pittelli - attraverso la sapiente divulgazione, in favore di un quotidiano locale, di atti procedimentali spesso coperti, per definizione, da segreto». Identica storia per il procedimento «Toghe lucane», titolare sempre de Magistris, sott’osservazione a Catanzaro per lo stillicidio di informazioni riservate riversate, a giorni alterni, su giornali locali e nazionali.
Oltre a Salerno e Catanzaro, a investigare sulla reiterata fuoriuscita di notizie dell’inchiesta «toghe lucane» adesso è arrivata anche Matera. Sintomatico quanto avvenuto il 26 luglio dove il pm locale, Annunziata Calzetta, ha spedito i poliziotti a perquisire quei giornalisti che avevano scritto di quest’altra inchiesta di de Magistris riportando indiscrezioni riservatissime sui presunti intrecci tra politica, sanità e magistrati in Basilicata. Addirittura a Matera si è arrivati a ipotizzare un reato gravissimo nelle «intenzioni», mai contestato in precedenza: l’associazione per delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa.
Intanto non giova alla causa del pm de Magistris l’ennesimo schiaffo ricevuto dal tribunale del Riesame che dopo aver cassato i decreti di perquisizione ad altri indagati, ha annullato tutti gli atti e disposto il dissequestro dei computer di Luigi Bisignani, anch’egli «iscritto» nell’inchiesta Why not. Come se non bastasse è destinata ad avere strascichi polemici la pubblicazione, sul mensile Antimafia, dell’«elenco di tutti i nomi eccellenti chiamati in causa, a vario titolo, nell’inchiesta del pm de Magistris». Fra le new entry spicca il sottosegretario all’Interno, Marco Minniti, il senatore Lamberto Dini, l’europarlamentare Domenico Veraldi, il deputato di An Gianni Alemanno, il presidente della Regione Sardegna Renato Soru, della Campania Antonio Bassolino, della Lombardia Roberto Formigoni. C’è anche un certo «prof.

Rossi, persona vicina al ministro Massimo D’Alema» e tanti altri «vip». Nessuno di questi è indagato, ma è bastata una sola telefonata per vedere il proprio nome accostato a quello dell’indagato premier, Romano Prodi.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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